Eutanasia in Svizzera. A vuoto l'ultimo appello "Voglio morire in Italia"

Mib, 44 anni, malato di sclerosi multipla, lascia un video: "Questa non è libertà"

Eutanasia in Svizzera. A vuoto l'ultimo appello "Voglio morire in Italia"

Massimiliano (detto Mib) aveva un sogno, se tale si può definire una richiesta di suicidio assistito: morire in Italia. Non l'ha realizzato. Per farsi accompagnare alla fine della sua vita e dei suoi dolori, dovuti alla sclerosi multipla, l'uomo di 44 anni, toscano, si è dovuto rivolgere a una clinica svizzera.

Ma ha lasciato un'eredità pesante, un video, girato poco prima di morire: «Sono quasi completamente paralizzato e faccio fatica anche a parlare. Da un paio di anni questo corpo è guasto, non ce la fa più, così ho iniziato a documentarmi su internet su metodi di suicidio indolore. E finalmente ho raggiunto il mio sogno. Peccato che non l'ho raggiunto in Italia, ma mi tocca andare all'estero. E questa è una cosa un po' bruttina».

Il testo del video è stato diffuso dall'associazione Luca Coscioni, a cui Massimiliano si era rivolto. «Perchè non posso farlo qui in Italia? A casa mia, anche in un ospedale, con i parenti, gli amici vicino che mi supportano. No, devo andarmene in Svizzera. Non mi sembra una cosa logica questa. E quindi sono costretto ad andarmene via, per andarmene via», afferma Massimiliano, che aveva rivolto, in un altro video, un appello per essere aiutato a morire vicino ai suoi cari.

Non ha potuto, perchè non era «tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale», quindi, non rientra nei casi previsti dalla sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale sul caso di Dj Fabo, che fu assistito da Marco Cappato.

È quella sentenza sulla disobbedienza civile di Cappato per l'aiuto fornito a Fabiano Antoniani ad avere «legalizzato» in Italia il suicidio quando la persona malata che ne fa richiesta è affetta da una patologia irreversibile, «fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli e tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale». Il padre di Massimiliano, Bruno, che era già apparso in un video accanto al figlio per chiedere di poter porre fine alle sue sofferenze in Italia, aveva lanciato il suo ultimo appello a sostegno della libertà di scelta del figlio: «È cosciente della sua vita. Lui è lucido di mente. È arrivato a questo punto perchè non ce la fa più. Non ce la fa più. È una sofferenza continua, giorno dopo giorno. È un volere suo, perchè deve negare questo volere? Il corpo è suo. E noi non possiamo dire di no. Sarebbe solo egoismo, per farlo soffrire ancora di più. Vorrei che fosse una cosa fatta in Italia».

Poche ore prima della morte di Massimiliano, Marco Cappato, tesoriere dell'associazione Luca Coscioni, ha ricevuto l'Ambrogino d'Oro, il premio che i Comune di Milano assegna a chi si distingue. E lui ha avuto il riconoscimento proprio per la sua lotta «per il diritto ad un fine vita dignitoso» e per l'eutanasia e il suicidio assistito anche in Italia. Nonostante le polemiche, e l'abbandono della cerimonia da parte di un consigliere comunale di opposizione, Marco Cappato è stato tra i più applauditi dalla platea del teatro Dal Verme. Ha dedicato il suo premio a Dj Fabo e, indirettamente, alla madre Carmen, che lo ha accompagnato.

«Penso che la città si unisca non nel merito di posizioni, ognuno può avere la sua, ma nel riconoscimento dell'importanza nella società di un problema, quello della sofferenza e della libertà alla fine della vita - ha detto -, e anche del

coraggio di affrontarlo alla luce del sole, come ha fatto dj Fabo, e non nella clandestinità».

E magari un giorno chi è nelle condizioni di Massimiliano potrà avere il diritto di morire tenendo la mano ai suoi famigliari.

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