La guerra potrebbe farci compagnia a lungo. E dobbiamo attrezzarci per affrontare una sfida senza precedenti. «La storia vive in queste settimane un'accelerazione impressionante - sottolinea Marco Minniti, ex ministro dell'Interno, una delle voci più autorevoli della sinistra, oggi presidente della fondazione Med-Or - dobbiamo dare risposte concrete a una situazione complessa e drammatica e nello stesso tempo è necessario avere una visione di lungo periodo, un ideale da offrire alla comunità internazionale e al popolo ucraino: l'Europa».
Cominciamo dalla guerra. Finirà presto?
«Temo di no. Solo per ridispiegare e riorganizzare le truppe, passando per la Bielorussia, i russi avranno bisogno di un periodo compreso fra le due e le quattro settimane. Il conflitto potrebbe durare mesi e complicarsi».
Già quello che vediamo oggi è terribile.
«L'azzardo iniziale di Putin si basava su un calcolo errato: chiudere la partita con Zelensky in 48-72 ore. Di più: prima dell'invasione Putin aveva tenuto un lungo discorso in cui in sostanza aveva detto che l'Ucraina non esiste. Bene, il popolo ucraino ha preso le armi e ha difeso con coraggio la propria libertà. Il popolo ucraino esiste, eccome. Siamo all'eterogenesi dei fini: tutto quello che il presidente russo auspicava si è realizzato, come dire, al contrario. I russi non hanno vinto sul campo, Zelensky è diventato un leader mondiale, capace di modulare i suoi discorsi e di non ripetersi mai, la Nato è stata rivitalizzata, l'Europa non si è divisa, nemmeno nella gestione dei profughi».
Sì, ma la complicazione?
«Se tutti i piani vanno storti, se le premesse non si realizzano, allora può emergere la tentazione di imboccare una scorciatoia. Capisce?».
Un attacco chimico?
«Chimico. Batteriologico. O peggio, nucleare, ma attenzione: concentrato e limitato».
Non sarebbe la fine del mondo?
«Un bellissimo libro che ha avuto grande successo negli Usa, 2034, ci porta dentro un futuribile scontro fra Cina e Usa. Vengono lanciate le atomiche, ma attenzione, il mondo va avanti».
Un domani nero ma non così apocalittico?
«Qualcosa del genere. E però dobbiamo considerare l'ipotesi che Putin provi a forzare lo scontro o che ci sia il sempre possibile incidente di percorso che allarga la platea dei contendenti».
Cosa deve fare l'Europa?
«Anzitutto, dobbiamo andare avanti sulla linea tracciata. Aiuto militare a Zelensky e sanzioni economiche sempre più pesanti, fino ad arrivare a tagliare i rifornimenti di gas».
Ma come si fa?
«Quando è in gioco la libertà, si riscrivono le gerarchie e le priorità. Mi spiace ma è così. I Paesi dell'Est che hanno sulla pelle della propria storia gigantesche cicatrici, hanno visto riaprirsi quelle ferite. I polacchi, che sono passati per episodi terrificanti come il massacro di Katyn nel 1940, hanno vissuto un gigantesco flashback e sono molto più netti e motivati di noi. Non ci sono alternative e nemmeno questo basta».
Che altro serve?
«Dobbiamo lavorare per isolare Putin, metterlo all'angolo, e fare pressione su tutti quei Paesi che in qualche modo si barcamenano. Pensi all'India o ai Paesi arabi i cui leader si sono ritrovati in diversi vertici, tenendo l'Europa ben lontana. Dialoghiamo con i Paesi dell'Africa settentrionale che dipendono dal grano russo e ucraino e dove una crisi alimentare può esplodere da un momento all'altro».
Ma la Cina perché dovrebbe schierarsi con l'Europa?
«I cinesi sfrutteranno la debolezza della Russia per attirarla come un satellite ma noi dobbiamo compiere ogni sforzo per far capire loro che alla lunga la guerra può mandare in tilt le relazioni fra gli Stati e può devastare l'economia di Pechino».
Nascerà un nuovo ordine mondiale?
«Certo. Nulla sarà come prima.
Ma per spingere Zelensky a trattare con un nemico così feroce, gli si dia una prospettiva: gli ucraini sono già sparpagliati in Europa, ora la Ue abbracci Kiev, non cavilli e riconosca l'adesione dell'Ucraina che è già nei fatti».
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