Mettiamola così: a Matteo Renzi le case non hanno mai portato fortuna.
Banca d'Italia fa accertamenti sul prestito da 700mila euro fatto a Renzi dalla famiglia Maestrelli, serviti nel giugno 2018 per l'acquisto della villa in via Pietro Tacca, vicina a piazzale Michelangelo, da 1,3 milioni di euro. Ma la sirena dell'antiriciclaggio suona anche per altri bonifici sospetti. Le carte dell'inchiesta sulla fondazione Open evidenziano che Egiziano Maestrelli, il fondatore della Pida spa, la holding di famiglia attiva nel commercio all'ingrosso di frutta, nel settore immobiliare e in quello alberghiero (e oggi, dopo la sua scomparsa, controllata dai suoi tre figli, Riccardo, Giulio ed Elena) nel marzo 2017 gira all'organismo renziano una donazione da 150mila euro. Non solo: a febbraio 2018, pochi giorni dopo la morte del patron, la Frama Fruit, la Tirreno Fruit e la Fondiaria Mape (tutte srl controllate dalla famiglia) versano alla Open altri tre bonifici, per un totale di 150mila euro. In tutto 300mila euro. La lista di personaggi eccellenti della finanza e dell'imprenditoria, posseduta dall'avvocato Alberto Bianchi, indagato per traffico d'influenze, riciclaggio e finanziamento illecito viene in questi giorni controllata e ricontrollata dai pm per verificare se chi ha versato denaro «per sostenere l'attività politica di Matteo Renzi» abbia ottenuto vantaggi per le proprie aziende o incarichi nelle istituzioni. Come Riccardo Maestrelli, che siede nel Cda di Cassa depositi e Prestiti Immobiliare da fine 2014, nominato proprio dal governo Renzi. Per questo il prestito dei Maestrelli per l'acquisto della villa sulle colline fiorentine, monitorato dalla Banca d'Italia, potrebbe configurare per Renzi quantomeno un grave conflitto di interessi. Aggravato dal fatto che i Maestrelli sono stati tra i maggiori finanziatori della Open.
Ma ieri a Radio Anch'io Renzi nega esposti ai pm e si difende: «Nella Fondazione Open tutto è trasparente, con bilanci pubblicati. Non si può pensare che sia una articolazione di partito».«Avviare una commissione di inchiesta sui fondi alle forze politiche», rincara invece Di Maio.
Riccardo insieme ai fratelli è il proprietario anche della Egan immobiliare, che controlla al 50 per cento Palazzo Ruspoli, b&b di lusso a pochi metri dalla cupola del Brunelleschi, che nel 2012 ospitava la sede della fondazione Big Bang, embrione di quella che poi divenne la Open. E La Pida è anche proprietaria di Villa Roma Imperiale, hotel di lusso a Forte dei Marmi, dove Renzi è stato ospite per una vacanza ad agosto 2014.
Il senatore semplice dice di aver sempre pagato e/o restituito tutto ai Maestrelli, anche perché nel 2018 ha guadagnato benissimo (più di 800mila euro nel 2018 e oltre un milione quest'anno grazie alla sua attività professionale). A maggio di quest'anno poi, è riuscito a vendere la vecchia casa di Pontassieve per 830mila euro. E su questo si scatena il gossip fiorentino: la casa di Pontassieve, sebbene di 295 metri quadrati, non poteva valere una cifra simile e le ville di quella metratura a piazzale Michelangelo non possono costare solo 1,3 milioni. Anche la procura vuole vederci chiaro.
Socio di Riccardo in Egan srl era, fino al 2017, Andrea Bacci, condannato per il fallimento della Coam srl, società edile con sede a Rignano sull'Arno, e finanziatore della prima ora della fondazione Big Bang, nominato poi dall'allora sindaco a capo di alcune partecipate del Comune. La sua impresa edile ha realizzato nel 2004 i lavori di ristrutturazione nella villa di Renzi a Pontassieve e successivamente la ristrutturazione dei bagni a casa dei genitori Tiziano e Laura. Il curatore fallimentare della Coam ha trovato una notevole discrepanza tra il preventivo e le fatture pagate da Matteo: «Nei lavori ho recuperato solo le spese generali e i costi di costruzione, il mio guadagno non c'è stato; mentre i 70mila euro per rifare i bagni ai genitori non sono stati mai saldati», si lamenta Bacci.
Nel 2010, dopo essersi insediato a Palazzo Vecchio, Renzi andò a visionare a un appartamento di Bacci a Firenze, con l'idea di traslocare a casa dell'amico: «Glielo sconsigliai: qualunque cifra mi pagherai, chi ci crederà?», gli disse.
Allora prese residenza in via degli Alfani 8, a pochi metri dal Duomo, in un appartamento intestato e pagato da Carrai (prima 900 e poi 1.200 euro al mese), nello stesso periodo nel quale ricopriva la poltrona di presidente della Firenze Parcheggi, società partecipata del Comune di Firenze. Coincidenze.
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