Finisce in manette lo stupratore seriale vestito da monaco

Finisce in manette lo stupratore seriale vestito da monaco

Dietro la maschera di carnevale, sotto la tunica nera da «monaco medievale», l'orco. Un ragazzo di 24 anni che gli investigatori oggi definiscono «stupratore seriale». Originario di Caserta, residente a San Giovanni in Persiceto, e arrivato per far festa, come fosse un giocondo Rondò veneziano, in una discoteca di San Pietro di Casale, provincia di Bologna. Alla vittima, una ragazza ventinovenne, si era presentato come addetto alle pubbliche relazioni del locale, le aveva offerto da bere. E molto. Fino a farla ubriacare. Poi si sa, i soliti convenevoli, qualche approccio condito da complimenti e promesse.

Era lo scorso 13 febbraio. L'indomani lei si risveglio nuda in una camera d'albergo, a Pieve di Cento, il corpo indolenzito, ecchimosi ed ematomi a segnarlo, ricordava poco o nulla di cosa fosse successo quella notte. Ma le mancavano bancomat e telefonino, non c'erano più le chiavi della sua auto. Intuì il «male», ma non ricordava. Scese in reception, si fece chiamare un taxi ma prima di andare partire una cameriera la chiamò: «Guardi che ha dimenticato in camera una tunica nera». Non era sua. Apparteneva all'uomo che l'aveva stuprata. La prima traccia da cui partire. Al momento di pagare la corsa, la giovane, si accorse che erano spariti anche gli ottanta euro che aveva con sè.

Lui, il presunto violentatore, finora incensurato ma dall'altro ieri rinchiuso nel carcere di Bologna, sostiene che sia stato un rapporto consenziente. I carabinieri però non gli credono. E nemmeno il gip, che nell'ordinanza di arresto per violenza sessuale e rapina scrive: «Si tratta di un soggetto connotato da inquietanti tratti di serialità». Arrivata a casa la ragazza aveva scoperto che l'amica con cui era andata alla «festa mascherata» aveva denunciato la sua scomparsa ai militari. nel frattempo lei aveva già deciso di andare in ospedale per farsi visitare e medicare. Ai dottori non servì molto per capire che quel tipo di lesioni fossero state provocate da una violenza carnale.

Da qui il là all'inchiesta, i cui tasselli sono stati pian piano ricomposti da Procura e carabinieri. Gli investigatori scavando a ritroso, «spiando» conoscenti e amici di chi ina quella festa in distoca era andato, hanno scoperto che il «monaco» si sarebbe reso responsabile di altri due stupri- uno nel luglio 2017, l'altro nel febbraio 2018- commessi con lo stesso modus operandi ma mai denunciati dalle vittime.

Paura, vergogna, timore di non venir credute o addirittura rimproverate. Siamo in provincia, in cittadelle dove le voci corrono, i sussurri si trasformano in urla e le occhiate feriscono come coltelli.

Quante donne tacciono per un malinteso senso del pudore?

Il Dna si spera possa incastrare definitivamente il «monaco», sembra che gli esperti della Scientifica qualche traccia l'abbiano recuperata. Il resto dovranno stabilirlo i giudici in tribunale.

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