Fink (Blackrock): "Probabilmente gli Usa sono già in recessione"

Anche Dimon (Jp Morgan) invita a mettere una pezza il prima possibile. Goldman taglia le stime

Fink (Blackrock): "Probabilmente  gli Usa sono già in recessione"
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L'insofferenza monta a Wall Street e il gotha della finanza mondiale invita Donald Trump a un ripensamento sui dazi. Il banchiere James Dimon, da quasi 20 anni alla guida di Jp Morgan, ritiene che l'attuale escalation della guerra commerciale stia creando le premesse per una recessione, oltre ad aumentare probabilmente l'inflazione. In una lettera agli azionisti, l'amministratore delegato della maggiore banca statunitense ha sottolineato come il nodo dazi rischi di scatenare conseguenze economiche difficili da gestire e quindi «prima verrà risolta la questione e meglio sarà perché alcuni degli effetti negativi aumenteranno cumulativamente nel tempo e sarebbero difficili da invertire» e «l'economia è un collante durevole, va bene America first a patto che non diventi America sola».

C'è chi si spinge anche oltre. «L'economia è probabilmente già in recessione e la pressione inflazionistica è molto più forte di quanto il mercato si aspetti», ha tagliato corto Larry Fink, presidente e ceo di BlackRock che è giunto anche a ipotizzare il rischio di un ulteriore calo del 20% di Wall Street. Fink, che guida il più grande colosso al mondo nella gestione di fondi, vede comunque i recenti cali più come un'opportunità di acquisto che di vendita nel lungo periodo. Non ha usato giri di parole neanche Bill Ackman, fondatore dell'hedge fund Pershing Square, che ha parlato apertamente di rischio di «un inverno nucleare economico» caldeggiando il licenziamento immediato di chiunque sta consigliando il presidente Trump.

Lo spauracchio di una veloce caduta in negativo della congiuntura è il principale elemento di preoccupazione tra gli investitori. Le banche d'affari vedono aumentare di giorno in giorno le probabilità che l'economia viri velocemente in territorio negativo. Goldman Sachs ieri ha nuovamente ritoccato le sue previsioni e ora vede al 45% (dal 35% precedente) la probabilità di una recessione statunitense nei prossimi 12 mesi a seguito di un forte inasprimento delle condizioni finanziarie, degli effetti dei boicottaggi dei consumatori stranieri e di un continuo aumento dell'incertezza che rischia di deprimere la spesa da parte delle aziende. In particolare, in condizioni di incertezza le imprese tendono a rinviare o ridurre le spese in beni durevoli, mentre il mercato del lavoro mostra una reattività minore, così come la spesa dei consumatori. «Generalmente i consumi sono inflenzati dall'incertezza, ad eccezione degli acquisti più importanti e posticipabili, come automobili o grandi elettrodomestici», spiega Goldman Sachs nel suo ultimo report.

L'allarme recessione è corale. Sono infatti ben sette le grandi banche d'investimento che hanno rivisto al rialzo le probabilità di una recessione. Jp Morgan indica un 60% di probabilità di recessione negli Stati Uniti nella seconda metà dell'anno e inevitabilmente questo comporterà un ripensamento della politica monetaria della Federal Reserve.

Anche se Jerome Powell ha mantenuto acceso il faro sui rischi inflattivi, Jp Morgan adesso si aspetta una serie di ben cinque tagli consecutivi del costo del denaro a partire da giugno. Secondo i dati di Lseg, i trader si aspettano attualmente che quest'anno la banca centrale statunitense proceda con un taglio in almeno quattro delle sue restanti cinque riunioni.

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