La flat tax a rate non funziona Caos per imprese e famiglie

Rischio reale di aumenti di imposta senza chiarimenti sulle detrazioni. La mina dell'Iva fa sempre più paura

La flat tax a rate non funziona Caos per imprese e famiglie

Non poche polemiche hanno suscitato le dichiarazioni del senatore della Lega, l'economista Alberto Bagnai, che ieri ha rivelato l'esistenza di un accordo di governo per «far partire la Flat tax sui redditi di impresa dall'anno prossimo; il primo anno per le imprese e poi dal 2020 si prevede di applicarla alle famiglie». Un'affermazione sorprendente considerato che si tratta del cavallo di battaglia del Carroccio nel contratto di governo e del centrodestra nel suo complesso. Al di là della falsa partenza occorre esaminare una serie di problematiche finora passate in secondo piano.

LA TASSA NON È PIATTA

Lega e M5S non si sono accordate sulla flat tax che è un'aliquota unica, ma su una dual tax ossia una doppia aliquota al 15 e al 20% su persone fisiche, imprese e partite Iva. Per le famiglie è prevista una deduzione fissa di 3mila euro annui che non dovrebbe penalizzare i contribuenti con redditi bassi rispetto al sistema attuale. Una previsione ben diversa da quella contenuta nell'originario contratto del centrodestra che con no tax area e detrazioni avrebbe garantito progressività e risparmi d'imposta a tutti.

L'IRES È GIÀ «FLAT»

Bagnai ha tralasciato di ricordare che l'Ires, l'imposta sul reddito delle società, ha già una struttura «flat» perché è caratterizzata da un'aliquota unica al 24% (abbassata dal 27,5% precedente dal governo Renzi con un esborso in deficit di circa 4 miliardi). L'Iri, destinata alle pmi (imprese individuali e società di persone), entrerà in vigore l'anno prossimo e avrà sempre un'aliquota unica al 24 per cento.

UN QUADRO DI INCERTEZZA

In ogni caso, l'abbassamento dal 24 al 20% (o al 15% ove possibile) dell'Ires dovrebbe costare tra i 15 e 16 miliardi di euro. Occorre, però, comprendere se la base imponibile resterà invariata o se per finanziare la misura si ridurranno detrazioni e deduzioni. In quest'ultimo caso l'effetto potrebbe essere neutro per alcuni contribuenti, soprattutto quelli con redditi più bassi. Resta, infine, da capire come si interverrà sulle partite Iva che già possono beneficiare del regime dei minimi e del regime forfettario.

E IL CONTRATTO?

Ieri il responsabile leghista per la flat tax, Armando Siri, ha parzialmente smentito Bagnai affermando che «entrerà in vigore nel 2019 anche per le famiglie, dando priorità a quelle con molti figli» e che il costo complessivo dell'operazione sarà di 30 miliardi. Non essendoci un cronoprogramma nel contratto non si può neanche affermare che la Lega sia già venuta meno al proprio impegno, ma - ricordiamolo - trattandosi di un cavallo di battaglia del centrodestra era logico pensare che si sarebbe partiti subito. Se questo progetto sarà parzialmente finanziato dal ministro dell'Economia, Giovanni Tria, con lo scatto delle clausole di salvaguardia che porteranno l'anno prossimo le aliquote Iva all'11,5 e al 24,2%, si può ipotizzare che l'effetto sui consumi sarà pressoché neutro. Riguadagnare la fiducia e il consenso con una falsa partenza sarebbe complicato.

IL NODO BANCHE

Ultimo ma non meno importante il risvolto bancario.

Gli istituti «spalmano» su più anni le deduzioni relative alla perdite su crediti scalandole dall'Ires. Se l'aliquota si abbassa senza nessun «paracadute», calano proporzionalmente anche i crediti d'imposta e si creerebbe un buco patrimoniale non di poco conto.

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