Doveva essere la panacea a ogni male, la mossa vincente giocata dal governo giallorosso per risolvere in un colpo solo due enormi problemi che affliggono l'Italia: lavoro e immigrazione. La sanatoria dei migranti irregolari presenti in Italia, inclusa nel decreto rilancio e presentata lo scorso 13 maggio tra le lacrime del ministro Teresa Bellanova, si è rivelato un enorme flop. Un clamoroso buco nell'acqua per il quale qualcuno dovrà dare una spiegazione.
Già, perché tre mesi fa il ministro delle Politiche Agricole Bellanova aveva perfino minacciato di dimettersi nel caso in cui la maggioranza giallorossa non avesse approvato il provvedimento da lei richiesto. Un provvedimento che, dal suo punto di vista, avrebbe dovuto tutelare i lavoratori e i braccianti agricoli, vittime del caporalato.
Prima di leggere i numeri del fallimento, vale la pena ripercorrere rapidamente i passi che hanno portato l'esecutivo a questo imbarazzante punto. La pandemia di Covid ha bloccato per mesi l'economia italiana. Molte attività sono state congelate per cercare di controllare la curva dei contagi. Le campagne italiane sono quindi rimaste abbandonate a causa del ritorno in patria di una buona fetta di lavoratori impegnati nel settore e provenienti dall'Est Europa.
Il governo ha quindi pensato che senza il supporto degli stranieri quelle campagne sarebbero finite in malora, e che il caporalato avesse avuto di fronte a sé una prateria. Detto altrimenti, da qui è nata la volontà di regolarizzare i migranti presenti sul territorio italiano. Ed è nata con l'intenzione di non far morire l'agricoltura.
I numeri di un flop
Già a giugno i primi dati erano piuttosto miseri. Gran parte delle domande di regolarizzazione non riguardavano il settore agricolo, cioè quello che avrebbe dovuto essere interessato dalla sanatoria, ma il lavoro domestico e l'assistenza alla persona (91% delle domande perfezionate, cioè 21.695). Ad usufruire del provvedimento, dunque, non sono stati affatto braccianti e migranti impegnati nell'agricoltura bensì colf e badanti.
Il quotidiano La Stampa ha fatto luce sul tema aggiornando i risultati della sanatoria. Il Ministero dell'Interno ha infatti comunicato che, al 31 luglio 2020, ci sono state appena 148.594 domande di regolarizzazione degli immigrati per chiedere il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Un numero, tra l'altro, ben lontano dal traguardo immaginato dal ministro Bellanova. Di queste, 128.179 riguardano i rapporti di lavoro domestico; appena 19.875 sono invece relative ad agricoltura e pesca.
Il 25% degli stranieri irregolari è stato assunto in famiglie della stessa etnia, per lavori probabilmente destinati a svanire come neve al sole non appena ottenuto il permesso di soggiorno. Sono pochi, se confrontati con le aspettative del governo, il quale si aspettava un boom di richieste soprattutto per quanto concerneva il settore agricolo.
Effetto contrario
Anzi: l'effetto della sanatoria è stato opposto. Dal momento che le procedure di regolarizzazione del lavoro sommerso riguardano per lo più mercati dotati di un'elevata mobilità del lavoro e caratterizzati da rapporti di breve durata (più della metà inferiore ai tre mesi), anziché creare nuovi posti il provvedimento ha aumentato le persone che cercano lavoro, aggravando una situazione tra i lavoratori immigrati e non solo, già delicatissima.
Ci sono poi le ultime rilevazioni dell'Istat a bocciare definitivamente la sanatoria del governo. I numeri relativi al giugno 2020 sono impietosi, e certificano una diminuzione di 750mila occupati rispetto all'anno precedente, 600mila dei quali dovuti alla mancata attivazione dei nuovi rapporti di lavoro stagionali e a termine. Il 20% di questi riguardano lavoratori stranieri.
Le stime più recenti parlano di oltre 500mila
stranieri in cerca di lavoro. Di fronte a una evidenza del genere una domanda sorge spontanea: per quale motivo l'esecutivo ha promosso una sanatoria simile e programmato nuovi flussi di ingresso di lavoratori immigrati?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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