Ci risiamo. L'Unione europea utilizza lo strumento dello stato di diritto con finalità politiche per colpire i governi conservatori sgraditi a Bruxelles, era già accaduto all'Ungheria e alla Polonia, questa volta a farne le spese è l'Italia finita nel mirino del rapporto annuale della Commissione europea sullo Stato di diritto.
Lecito chiedersi, dopo aver letto le osservazioni inerenti l'Italia sull'informazione, la giustizia e il premierato contenute nel rapporto, chi lo redige e quali sono le fonti utilizzate dalla Commissione Ue.
Come ci spiega una fonte qualificata a Bruxelles: «Si tratta di funzionari dell'istituzione che si occupano della realizzazione del documento. Hanno una struttura gerarchica nei diversi direttorati e unità quindi vi sono alcuni funzionari più apicali che vagliano questi lavori. Il tutto è al di sotto della guida politica del commissario competente perciò si presuppone ci sia in anche un vaglio politico al vertice della gerarchia». La commissione di competenza è la Libe (Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni) presieduta dal belga Didier Reynders di Renew.
L'aspetto strabiliante sono però le fonti adottate dalla Commissione Ue per redigere il proprio rapporto sullo Stato di diritto in Italia. Oltre alle realtà istituzionali sono infatti state utilizzate come fonti alcune associazioni non certo note per la loro imparzialità e terzietà che negli ultimi due anni si sono caratterizzate per una serie di duri attacchi al governo. Tra queste figurano Emergency (la cui ex presidente Cecilia Strada è oggi europarlamentare del Pd) e Amnesty International. Per capire l'orientamento ideologico di queste realtà è sufficiente leggere i comunicati indirizzati al governo Meloni o il manifesto di Amnesty presentato alle elezioni del 2022 tra giustizia climatica, legge sulla cittadinanza e via dicendo. Così nel documento si legge che in Italia «lo spazio civico continua a essere valutato come ristretto» e «gli stakeholder hanno riferito di attacchi verbali da parte di alcuni media e politici contro le organizzazioni, soprattutto quelle che svolgono attività umanitarie, e di episodi di violenza contro i manifestanti da parte della polizia». Eppure, a proposito di spazio «ristretto», nel rapporto non si spende una parola su ciò che accade nelle università italiane dall'autunno dello scorso anno dove spesso non viene garantita la libertà di parola o il diritto allo studio a causa delle occupazioni di collettivi e centri sociali.
Tra le altre fonti tenute in considerazione dalla Commissione c'è Libera di Don Ciotti e, sul fronte giustizia, l'Associazione Nazionale Magistrati molto critica sulla riforma Nordio. A livello europeo spicca invece la Open Society Foundations di George Soros.
D'altro canto già lo scorso maggio il presidente della Polonia Andrzej Duda, intervistato su Il Giornale, aveva messo in guardia sull'utilizzo politico della Rule of Law da parte dell'Ue riferendosi alla procedura di infrazione aperta contro la Polonia durante il governo conservatore di Morawiecki e poi archiviata non appena era cambiato il colore politico dell'esecutivo: «La chiusura da parte della Commissione Europea della questione del cosiddetto Stato di diritto in Polonia, ossia la conclusione della procedura dell'Articolo 7 alla vigilia delle prossime elezioni europee, è una decisione
puramente politica. La questione della rule of law è stata strumentalizzata politicamente per contrastare il governo conservatore polacco».A leggere l'ultimo rapporto e le rimostranze fatte all'Italia non aveva tutti i torti.
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