La Forgia, addio tra l'ipocrisia

Antonio La Forgia aveva 78 anni e da un anno e mezzo combatteva contro un tumore. Non c'era più speranza. Non c'erano più terapie.

La Forgia, addio tra l'ipocrisia

La scelta di addormentarsi per sempre, per dare riposo al dolore, come se davvero la vita fosse racchiusa nelle parole di Amleto: «Morire, dormire; dormire: forse sognare: ahi, qui sta il problema; perché in questo sonno di morte quali sogni possono venire dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale». Antonio La Forgia aveva 78 anni e da un anno e mezzo combatteva contro un tumore. Non c'era più speranza. Non c'erano più terapie. È così che l'ex presidente dell'Emilia Romagna, deputato del Pd fino al 2013, ha spento le luci, aggiustato con le ultime forze il cuscino, dando un ultimo sguardo al mondo, e ha chiesto ai medici di sedarlo profondamente fino alla fine. Il dolore semplicemente era diventato insopportabile. Su questo c'è poco da dire. Nessuno può parlare della sofferenza degli altri. Sarebbe inumano.

Chi lo ha conosciuto lo ricorda come un politico di grande cultura, ironico, intelligente e non sono solo le belle parole che si dedicano postume a chi non c'è più. Le parole dei dottori ti lasciano solo intuire, da lontano, cosa si può provare. «Le metastasi causavano un dolore in crescita esponenziale non contenibile con la terapia antalgica». Un dolore troppo lungo. Antonio La Forgia lo ha sopportato fin quando ha potuto. Poi ha detto basta. Ma esiste il diritto di dire «non ce la faccio più?». Te lo devi prendere, perché i confini su questo territorio di frontiera sono indefiniti e non è affatto facile disegnarli. Mariachiara Risoldi, la moglie di Antonio, con poche parole ha aperto una questione politica e legislativa che da tempo non trova una risposta. «Per la legge il suo corpo è costretto a essere ancora qui, mentre la sua mente è già arrivata in un luogo leggero. Siamo un paese veramente ipocrita».

L'accusa di ipocrisia resta lì sospesa, con la rabbia comprensibile e la disillusione di chi ha perso l'uomo della sua vita e lo ha visto disperarsi senza trovare una via d'uscita.

La scelta è personale. «Antonio si confronta con la famiglia allargata e decide di avvalersi della legge 219/2017 rifiutando e sospendendo qualsiasi terapia, ivi incluse quelle salvavita». È di fatto scegliere la morte, solo che non sempre è rapida. Quello che la legge non prevede è la possibilità di morire subito. È qui l'ipocrisia di cui parla Mariachiara Risoldi. Scegliere di morire, ma con dolore, come se fosse più dignitoso o un prezzo da pagare.

Il finale lei lo racconta cosi.

«Gli ultimi quindici minuti ce li lasciamo tutti per noi». Trentatré anni di vita assieme, un saluto scherzoso. «Tu lassù non sedurre troppe signore». «Quando sarà il momento ti verrò a prendere».

Sono le ultime parole sussurrate, mentre gli occhi si chiudono.

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