Presidente Renato Schifani, un personaggio di peso del M5S come Giancarlo Cancelleri è passato a Forza Italia nel momento in cui gli avversari la descrivevano indebolita. Che segnale è?
«Credo che sia un segnale forte e persuasivo per tutti i politici che non si riconoscono più nella loro precedente collocazione e che si identificano nei valori che ci caratterizzano, come ha detto Cancelleri. Non escludo altri arrivi. Gran parte dell'elettorato moderato che ha investito consensi in forze come il Terzo polo, ora guarda a Fi per la coerenza delle sue scelte. Siamo attrattivi anche per moderati che hanno visto l'appiattimento del Pd a sinistra con la Schlein ed expentastellati che non si riconoscono nell'estremismo barricadiero del movimento».
La Convention a Palermo è stata un successo. La Sicilia è sempre stata un laboratorio. È da qui che Fi vuole ripartire?
«L'ultima volta che abbiamo visto una folla così è stato quando è venuto Berlusconi per le politiche e regionali del 2018. C'è la grande possibilità che dalla Sicilia parta la sfida aggregante di Fi e questa grande iniziativa mostra anche i risultati del cambio di guida regionale».
Lei parla della scelta a metà marzo come coordinatore siciliano di Marcello Caruso, al posto di Gianfranco Miccichè, che si è inserita in un restyling del partito da parte dei Berlusconi.
«Un cambiamento che consente da un lato di misurarsi sui problemi siciliani e dall'altro di seguire una linea aperturista, di dialogo con chi si trova senza casa. Fi unisce nel centrodestra e nei 4 comuni dove si vota prossimamente la coalizione corre unita».
Come a livello nazionale in Sicilia ci sono state forti divisioni interne
«Ma oggi gli azzurri si riconoscono tutti nel nuovo coordinatore Caruso, persona equilibrata che prepara il partito a competere con successo nelle provinciali».
Si è parlato di timori in Fi in questi giorni di ricovero del leader a Milano. Per lei non ci saranno contraccolpi?
«Non c'è dubbio, siamo fiduciosi che Berlusconi tornerà a breve a casa e riprenderà il suo ruolo di fondatore del centrodestra. Lo conosco da tanti anni, so quanto è dinamico ed è impossibile immaginare che non torni a fare politica. Ora noi siamo più stimolati a far crescere il partito, per dimostrargli che ha una classe dirigente matura che ottiene buoni risultati anche quando il suo leader è temporaneamente assente».
Dalla riorganizzazione è uscita una Fi più governista, lei ha condiviso?
«Finora ho scelto il silenzio ma ho trovato sbagliato non votare La Russa presidente del Senato, sostenendo che la seconda carica dello Stato non poteva andare allo stesso partito del capo del governo. Non ci sono stati problemi quando sono stato eletto io in quel ruolo con Berlusconi presidente del consiglio, nè con Marcello Pera. Era una scusa e ha costituito un inciampo, non una buona partenza per Fi al governo. Poi il contrasto di essere al tempo stesso quasi partito di governo e di opposizione non ha giovato a una forza che è sempre stata responsabile e l'elettorato si è ritrovato sbandato. Sono soddisfatto del cambio di linea. L'ultima volta che ad Arcore ho incontrato Berlusconi ha parlato in modo elogiativo di Giorgia Meloni».
Dal cambiamento Fi avrà una nuova forza?
«Sicuramente sì, il nostro elettorato è abituato alla coerenza e inizialmente credo non abbia condiviso scelte ondivaghe».
Qualcuno pensava che lei si volesse riposare in Sicilia, invece è impegnato in diverse battaglie
«Non sono andato a svernare nella mia terra, ma a misurarmi con le sfide del territorio, perché mai accetterò che la Sicilia sia una regione di serie b».
L'isola è sempre stata per Fi e il centrodestra un granaio di
consensi: è ancora così?«Lavoriamo per questo, ad esempio il 29 maggio contiamo in un ottimo risultato a Catania, dove una lista fortissima sarà determinante per l'elezione a sindaco dal primo turno di Trantino di Fdi».
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