Francia, le toghe-lumaca chiedono le carte delle Br ma poi non le leggono

La decisione sull'estradizione rinviata solo per "l'impossibilità a esaminare i documenti"

Francia, le toghe-lumaca chiedono le carte delle Br ma poi non le leggono

Erano i compiti per le vacanze: lettura e studio delle carte inviate da Via Arenula al ministero della Giustizia francese lo scorso 6 dicembre (e cioè entro i termini per procedere). Ma le toghe transalpine (per così dire) non li hanno fatti; lasciati sul comò, sulla pila di fascicoli non letti come si faceva da ragazzini con l'antipatico sussidiario.

Trattasi, nello specifico, di quelle «note analitiche» che rispondono punto per punto ai chiarimenti tecnici chiesti proprio dai francesi della Chambre de l'Instruction della Corte d'appello di Parigi dopo il rinvio dell'udienza del settembre scorso sull'estradizione degli ex brigatisti. Allora i magistrati d'Oltralpe non riconoscevano (o fingevano di non capire) alcune procedure italiane. E pronti, via, da Roma erano arrivate le carte dell'attesa svolta.

Due giorni fa, l'ennesimo rinvio. Niente estradizione. Stavolta Parigi ha chiesto altri due mesi e più: per studiare «caso per caso» la corposa documentazione su 8 ex «Primule rosse» arrestate tra aprile e luglio 2021 e poi rilasciate con obbligo di firma, allontanando il loro rientro nel Belpaese. E lasciando ancora a bocca asciutta la giustizia italiana.

Gli atti del magistrato di collegamento che Il Giornale ha potuto visionare parlano chiaro: la presidente della Corte d'appello Pascale Belin ha «preso atto della corretta produzione di tutte le richieste di integrazione da parte delle autorità italiane e del copioso materiale trasmesso». Nessun ritardo, né mancanza dunque. Ma si è trovata nell'«impossibilità di esaminare tutta la documentazione» degli «ex» terroristi. Ecco il retroscena di una decisione altrimenti inspiegabile, dato il via libera politico dell'Eliseo: che però non può avere corso se i giudici non sentenziano.

Il nuovo rinvio a marzo e aprile non è quindi dovuto a presunti «buchi», chiariscono da Roma: l'Italia ha prodotto una mole di traduzioni facilmente comprensibili anche al più pigro dei togati. Sarebbe legato tra le altre cose alle vacanze di Natale: che non avrebbero permesso ai francesi di approfondire adeguatamente (e per tempo) tutti i dossier degli ex Br, spingendo così la Corte a disporre un nuovo calendario di udienze con le varie posizioni: da quella di Marina Petrella, che già Sarkozy salvò dall'estradizione, agli altri 7.

Toghe lumaca chiedono più informazioni e non trovano il tempo di leggerle? Meglio «la trattazione nel merito» di singoli dossier, e far slittare così la decisione con udienze individuali; alcune peraltro a cavallo delle presidenziali dove Macron (e il suo «Sì» all'estradizione) potrebbe non essere più in campo.

Cresce pure la pressione di piccole schiere di intellò che da gauche giudicano l'estradizione inaccettabile. Decisioni quindi rimandate, e beffa dietro l'angolo. Dagli atti della documentazione «supplementare» trasmessa da Roma, emerge però limpidamente il vicolo cieco in cui le sentenze ricacciano gli ex brigatisti riparati in Francia dagli Anni '70 e '80. Quattro hanno una condanna all'ergastolo: Roberta Cappelli, Marina Petrella, Sergio Tornaghi (ex Br) e Narciso Manenti dei Nuclei Armati Contropotere Territoriale. Per Giovanni Alimonti ed Enzo Calvitti la pena da scontare è di 11 anni, 6 mesi e 9 giorni e di 18 anni, 7 mesi e 25 giorni. E poi gli ultimi a costituirsi, Luigi Bergamin (ex Pac) e Raffaele Ventura (24 anni per l'omicidio del vicebrigadiere Antonio Custra). Resta il complicato dossier Maurizio Di Marzio, che ha procedura diversa dagli altri. Per Giorgio Pietrostefani, condannato a 22 anni per l'omicidio Calabresi, neppure erano state chieste documentazioni supplementari dalla Corte parigina, e ha ottenuto comunque un rinvio, per motivi di salute: 79enne, il più anziano del gruppo, l'ex Lotta Continua dovrebbe scontare ancora 14 anni, 2 mesi e 11 giorni.

Torneranno tra marzo e aprile sul banco della Chambre. Per Macron, queste «Ombre rosse» non possono assolutamente vantare l'ombrello della Dottrina Mitterrand, che esclude dall'asilo chi si è macchiato di reati di sangue.

Eppure, tra cavilli scovati in passato e rispolverati, c'è il già preannunciato ricorso dei legali in Cassazione e al Consiglio di Stato; possibile, ulteriore beffa, per famiglie che da nove mesi sperano di poter dire finalmente: «Giustizia è fatta».

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