Gabon, arrestato il presidente. L'ombra russa e la pista uranio

I militari del generale Nguema depongono il leader Bongo. Il sostegno dei Patriot, i mercenari antagonisti di Wagner

Gabon, arrestato il presidente. L'ombra russa e la pista uranio
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L'orso russo si prende il Gabon e il suo uranio. Il colpo di stato di ieri mattina del generale Brice Oligui Nguema, che ha deposto suo cugino, il presidente Ali Bongo Ondimba, è stato sostenuto dal Gruppo Patriot, gli antagonisti della Wagner di Prigozhin. I mercenari della Patriot sono una creatura del ministro della Difesa Shoigu, fondata nel 2018. Hanno combattuto in Siria, in Ucraina a Vuhledar (Donetsk), e da qualche mese si sono trasferiti nella Repubblica Centrafricana, per entrare da nord est in Gabon venerdì scorso, attraversando un tratto dell'ex Congo belga.

Quanto sta accadendo a Libreville è un altro colpo a favore di Mosca. Il presidente Bongo (già da due mandati in carica), che ha vinto domenica scorsa le elezioni con il 64,27% sullo sfidante Albert Ondo Ossa, non ha mai nascosto simpatie occidentali. Gli ottimi rapporti con la Francia avevano consentito all'Eliseo di poter contare sull'uranio gabonese per alimentare le 19 centrali nucleari attraverso l'opera in loco del gruppo minerario Eramet. Putin vuol mettere le mani sull'uranio e ha sostenuto i rivoltosi nel ribaltare l'esito delle urne, dove gli osservatori internazionali avevano denunciato brogli.

Il regista dell'operazione-Gabon è Ilyas Iskanderov, 58 anni, non il semplice ambasciatore russo, ma come si legge nei documenti ufficiali «l'ambasciatore straordinario e plenipotenziario», a dimostrazione che Mosca tiene parecchio alle sorti di un Paese ricco di uranio e di petrolio. Iskanderov è un ottimo diplomatico: ha lavorato a Tunisi durante la Primavera Araba che portò alla fuga di Ben Alì, e Putin l'ha voluto a Libreville, spostandolo da una nazione strategica come Israele.

Tutto è accaduto ieri mattina intorno alle 5, quando Bongo è stato messo agli arresti domiciliari (assieme al figlio Valentin) con l'accusa di alto tradimento, appropriazione indebita di fondi pubblici, corruzione e traffico di stupefacenti. La notizia è stata comunicata alla nazione da un video messaggio del comandante della Guardia Repubblicana Oligui Nguema, trasmesso dalla tv Sabc. «Il nostro bellissimo Paese è sempre stato un'oasi di pace - ha dichiarato - oggi il Gabon attraversa una grave crisi istituzionale, politica, economica e sociale. Le elezioni non sono state trasparenti e abbiamo dovuto intervenire».

Ali Bongo proviene da una famiglia che governa il Paese da oltre 50 anni. Prima di lui c'era il padre Omar (in carica dal 1967 al 2009). Entrambi hanno avuto rapporti di collaborazione politica con la Francia e il putsch ha provocato la condanna dell'Eliseo, così come dell'Ue, della Gran Bretagna, dell'Unione Africana e della Casa Bianca. Anche la Cina chiede chiarezza sulla situazione e l'Italia, attraverso il ministro degli Esteri Tajani, si sta sincerando sulle condizioni dei circa 150 connazionali nel Paese, che sarebbero al sicuro.

I 2,3 milioni di abitanti hanno accolto la deposizione di Bongo con canti e balli per le strade, anche perché ha avvertito un rischio brogli concreto durante le ultime elezioni a causa del blocco di internet.

In serata il golpista Oligui Nguema, proclamatosi «presidente della transizione», è tornato a parlare in tv rivelando che «Bongo è stato messo in pensione». Per ora resterà ai domiciliari, ma è probabile che venga concesso un salvacondotto a lui e alla famiglia; l'amicizia con Paul Biya, presidente del Camerun, è solida e di vecchia data. Dalla sua residenza il deposto capo di stato ha registrato un messaggio, chiedendo «agli amici del Gabon di non arrendersi.

Non so dove siano mia moglie e i miei figli e neppure che cosa sta accadendo fuori. Fatevi sentire, fate rumore, vi imploro». L'appello è stato accolto da alcuni fedelissimi. Incidenti sono scoppiati a Libreville e a Port-Gentil. Il bilancio, parziale, è di 14 morti.

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