Gaza, i palestinesi al Nord. "Segnali di fine guerra"

La svolta nel conflitto: 300mila sfollati marciano verso le proprie case in macerie. La destra contro Netanyahu: "Immagini di resa totale"

Gaza, i palestinesi al Nord. "Segnali di fine guerra"
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Le immagini sono epocali, considerate da qualche analista la prova dell'inizio effettivo della fine della guerra a Gaza. Con il mare da un lato, le macerie della Striscia dall'altro e la speranza di un nuovo inizio in testa, una marea umana di palestinesi, sacchetti in mano, zaini e materassi in spalla, ha cominciato attraverso Rasheed Street il grande esodo verso il nord della Striscia di Gaza, come prevede l'intesa di tregua entrata in vigore il 19 gennaio.

Su oltre mezzo milione di sfollati, in 300mila hanno varcato gli attraversamenti pedonali già alle 7 del mattino. Sono i civili che 480 giorni fa hanno assistito all'avvio del conflitto e ne sono stati le prime vittime, che hanno salvato la pelle ma sono stati costretti a lasciare tutto, a partire dalle proprie abitazioni, mentre l'offensiva israeliana colpiva il 63% degli edifici della Striscia. Ora per loro serviranno almeno 135mila tende e roulotte come nuovo tetto. Rigorosamente disarmati, come prevede l'intesa. Due ore dopo è cominciato l'esodo dei civili in auto e moto, con controlli a caccia di armi ed esplosivi, i posti di blocco gestiti da contractor egiziani, mentre lungo le strade ai lati del check point, nel corridoio di Netzarim che taglia in due la Striscia, la polizia di Hamas ha mantenuto l'ordine.

Il ritorno dei palestinesi alle proprie abitazioni è un passaggio cruciale dell'accordo, finalmente di nuovo in atto dopo il caos delle ultime ore, quando si è trattato fino alla fine per il rilascio dell'ultima civile donna israeliana ancora in mano ad Hamas, Arbel Yehud. Gli estremisti, che avrebbero dovuto rilasciarla nei giorni scorsi, hanno promesso la sua liberazione «entro venerdì», probabilmente già giovedì, insieme ad altri due ostaggi (altri tre sabato), dopo che Israele aveva bloccato il ritorno dei palestinesi al nord come ritorsione per il mancato rilascio della giovane. Le tensioni sono rientrate, almeno per il momento. Hamas ha consegnato una lista da cui risulta che 25 dei 33 ostaggi da liberare nella prima fase dell'accordo sono ancora in vita. E grida alla «vittoria» per il ritorno degli sfollati, mentre l'estrema destra israeliana rappresentata dall'ex ministro Ben Gvir, dimessosi proprio perché contrario all'intesa, denuncia invece la «resa totale» di Israele al nemico, definisce «umiliante» il ritorno dei palestinesi a nord e ritiene la loro «migrazione volontaria» l'unica soluzione per la fine del conflitto a Gaza. Il ministro degli Esteri israeliano Katz ha avvertito che Israele farà rispettare «con fermezza» l'intesa di cessate il fuoco sia a Gaza che in Libano (dove l'esercito israeliano ha ucciso altri due civili che tentavano di rientrare nelle proprie case nel sud e Hezbollah denuncia 1350 violazioni dell'Idf). Eppure, a conferma che qualcosa sta davvero cambiando, una delegazione di Hamas si è recata al Cairo per discutere l'applicazione dell'accordo e di come possa portare alla fine della guerra. Il gruppo estremista si dice disposto ad abbandonare il governo di Gaza dopo il conflitto e aggiunge di essere consapevole che sarà necessario anche il sostegno dell'Anp. In questo contesto, per sostenere l'accordo di Gaza, anche 7 carabinieri italiani partiranno «entro qualche giorno» per il valico di Rafah, nella Striscia, per unirsi ad altri due italiani già presenti con la missione Eubam Rafah, che ha il compito di assicurare una presenza terza al valico al confine con l'Egitto. Partiranno da Vicenza con un volo militare per una missione che comprende italiani, spagnoli e francesi e ha come obiettivo di coordinare e facilitare il transito di un massimo di 300 feriti e malati al giorno.

«Non è una missione molto numerosa - ha spiegato il ministro degli esteri Antonio Tajani - ma è significativo che l'Europa vada al valico di Rafah», dove opereranno anche i palestinesi. «Coinvolgere l'Anp anche per il futuro della Palestina è la cosa migliore da fare», ha concluso il ministro.

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