La Germania respinge l'accusa di tradimento: ci allineiamo a misure già varate da altri Paesi

Il vice di Scholz si difende ma deve ammettere: il nostro piano è molto ampio

La Germania respinge l'accusa di tradimento: ci allineiamo a misure già varate da altri Paesi

Berlino. Non è vero che il piano tedesco contro il caro-gas sia antieuropeista nei fatti e nello spirito. E non è neppure vero che la Germania si sia mossa in controtendenza rispetto agli altri Paesi. Al termine del Consiglio Energia di Bruxelles, il vicecancelliere Robert Habeck ha polemizzato con gli altri stati membri. «È una critica che non posso accettare perché altri Paesi hanno adottato misure simili da molto tempo». Il numero due del governo di Berlino ha menzionato Francia, Spagna e Portogallo e i loro tentativi di imporre un price cap sull'elettricità. «Stiamo facendo la stessa cosa che gli altri Paesi fanno da tempo», ha ribadito il politico dei Verdi, ammettendo però che il nuovo piano tedesco «ha un focus più ampio».

Delle differenze però ci sono: mentre Madrid, Parigi e Lisbona si sono concentrate su un meccanismo «a monte», cercando cioè di tenere sotto controllo il costo dell'elettricità prima del suo impatto sul mercato, il piano tedesco appare sbilanciato «a valle». Gli aiuti che Berlino si prepara a concedere alle aziende rischiano così di diventare dei sussidi; e cioè un aiuto di stato alle imprese affinché possano galleggiare durante la bufera. Quanto al concetto di «più ampio» espresso dal ministro non si può fare a meno di notare che 200 miliardi di euro siano una cifra considerevolissima, che solo la Germania può permettersi. E se da un lato è naturale che il governo di Olaf Scholz cerchi di tutelare la pace sociale, appare invece curioso come il suo governo abbia sino a qua rispedito al mittente le proposte per cercare di regolare il prezzo dell'energia su base europea.

Mario Draghi aveva suggerito un price cap per i 27 già lo scorso maggio: siamo a ottobre e questo meccanismo appare ancora lontano. I partner europei della Germania temono anche che, una volta ricevuto il sussidio, le aziende tedesche non lo usino per coprire le spese per l'approvvigionamento energetico ma per altre voci di spesa, come investimenti, dalle quali poi ricavare nuovi vantaggi competitivi.

Curiosamente, alla compattezza con cui la Germania procede in Europa non corrisponde alcuna compattezza sul piano interno. Anzi, la maggioranza del cancelliere Olaf Scholz litiga ormai da mesi su ogni misura legata alla crisi energetica. Habeck aveva proposto una sovratariffa sulle bollette del gas, che sarebbe dovuta entrare in vigore proprio oggi, e che i Liberali del ministro delle Finanze Christian Lindner hanno silurato. I Liberali vorrebbero invece che Habeck desse luce verde al mantenimento in attività delle tre centrali nucleari ancora in funzione in Germania: tre impianti dei quali una legge del 2011 quando l'emergenza era Fukushima e non la crisi energetica dispone la chiusura entro la fine dell'anno. Habeck resiste come può: prima ha detto no, poi ha concesso di lasciare tre centrali in standby, quindi ha permesso che restino attivi due impianti su tre, ma solo fino alla prossima primavera e soprattutto senza che il governo acquisti nuovo carburante.

Indecisi a tutto, i tedeschi hanno invece stabilito che i 200 miliardi del nuovo piano non siamo messi a bilancio ma provengano da un fondo speciale.

Il presidente della Corte dei Conti federale, Kay Scheller, ha criticato la scelta quale modo poco trasparente di fare debito una parolaccia che ai tedeschi ricorda l'Italia e altri Paesi poco virtuosi senza però chiamarlo con il suo nome.

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