Nazionalizzare le autostrade? «Certo, conviene», assicura il ministro delle Infrastrutture Toninelli. Nazionalizzare le autostrade? «Non conviene», assicura il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giorgetti. Esaurita l'orgia propagandistica della ricerca di un colpevole da offrire alla folla, nella maggioranza qualcuno inizia a fare i conti con la realtà del dopo-crollo di Genova. E siccome i conti sono assai complicati, i due partiti di governo si ritrovano rapidamente su sponde opposte.
Se per i Cinque Stelle la priorità resta quella di apparire come i giustizieri implacabili del mostro di turno (di volta in volta i Benetton, la vecchia politica, i governi precedenti, gli speculatori privati, i predatori pubblici e chi più ne ha più ne metta), nella Lega c'è chi si interroga su come lo Stato possa rispondere, nel concreto, all'emergenza di una città ferita e letteralmente spaccata in due, e alle sue pesantissime conseguenze di lungo termine. Conseguenze economiche, occupazionali, di mobilità.
Il grillino Toninelli non ha alcun dubbio: togliere la gestione delle autostrade ai privati «è conveniente», spiega al Corriere della Sera. «Pensi a quanti ricavi e margini tornerebbero in capo allo Stato attraverso i pedaggi, da utilizzare non per elargire dividendi agli azionisti, ma per rafforzare qualità dei servizi e sicurezza delle nostre strade». Il vicepremier del Carroccio sembra andargli dietro: «Nazionalizzazione? Guardando i bilanci, rispondo di sì. Non sono contro i privati, ma in questo caso il privato ha fatto un disastro». Poi però si fa più cauto: «Non vorrei che a Genova si arrivasse al doppio disastro che stanno vivendo le vittime di Viareggio», dice Salvini, ricordando il complicato percorso giudiziario dopo l'incidente ferroviario del 2009. Tradotto: imbarcarsi in un mega scontro processuale sulla concessione potrebbe portare più guai che benefici. E il risultato non arriverebbe certo «in 15 giorni, perché giustamente essendo noi un Paese civile, ci sarà spazio per la controparte, per spiegarsi e giustificarsi». E Salvini ribadisce anche la necessità di costruire la nuova bretella autostradale della Gronda: «Eravamo e siamo favorevoli». Mentre i Cinque Stelle erano e restano contrari: certo «ci sarà da convincerli», ammette.
Giorgetti è ancora più tranchant: «Non sono persuaso che la gestione dello Stato sia di maggiore efficienza» afferma il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, intervenendo a Rimini al Meeting di Cl. E se qualcuno nel governo, come rivelava ieri Repubblica, pensa davvero ad una leggina per espropriare e pubblicizzare Autostrade, Giorgetti gli taglia la strada: «Non ne vedo i termini», dice, escludendo un intervento legislativo. Se mai, aggiunge, vanno rivisti alcuni termini delle concessioni: «Ho detto e ribadisco che i margini di redditività che vedo in capo alle concessionarie mi sembrano leggermente spropositati». Governo spaccato, dunque? Giorgetti cerca di minimizzare: «C'è assoluta uniformità, Autostrade risponderà alle contestazioni e su quello valuteremo». Nessun anticipo di sentenza, dunque.
Del resto gli allarmi per le conseguenze della linea dura di M5s si moltiplicano: Cgil e Cisl calcolano in parecchie migliaia i posti di lavoro a rischio. E «senza concessione, che fine farebbe la Gronda e chi la pagherebbe?», si chiede Maurizio Diamante, segretario di Fit Cisl e genovese. Per non parlare della ricostruzione del ponte, che Autostrade si è impegnata a fare e che altrimenti ricadrebbe sullo Stato: «Un'intesa è utile alla città», dice il sindaco Bucci.
E Il governatore ligure Toti sulla Stampa avverte: «La Liguria rischia di restare stritolata dal braccio di ferro con i Benetton. Non si facciano battaglie sulla pelle di ha già pagato: è il momento della serietà, non della propaganda». Resta da vedere se Toninelli e Di Maio capiranno il messaggio.
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