C'è un certo vezzo editoriale, quello di dire che l'attività dello scrittore non paghi mai. Lo sottoscrivono anche autori famosi. Tanto per dire John Steinbeck chiosava: «La professione di scrivere libri fa apparire le corse dei cavalli un'attività stabile». Eppure i politici italiani, a partire dalla premier, sono riusciti a trasformare la scrittura in attività di successo. Sarà che le elezioni sono ancora meno stabili delle corse dei cavalli, come attività, e quindi...
Partiamo dal dato di cronaca: lievita il reddito della premier Giorgia Meloni, trainato, come lo scorso anno, dalle vendite della sua autobiografia e del suo libro intervista: Io sono Giorgia e La versione di Giorgia (con il nostro direttore Alessandro Sallusti), entrambi editi da Rizzoli. La dichiarazione dei redditi della presidente del Consiglio passa infatti dai 293.531 euro del 2023 ai 459.460 euro registrati nel 2024. Per dare l'idea, secondo Rizzoli le copie vendute sino a questo momento, sommando entrambi i titoli, sono 300mila. E poi ci sono le traduzioni all'estero, i Paesi in cui Giorgia viene più letta sono Spagna e Francia. Proprio in questi giorni, invece, alla Buchmesse, ci anticipa sempre Rizzoli, verrà formalizzata la vendita dei diritti per i Paesi di lingua anglosassone, a partire dal Regno Unito e dagli Stati Uniti. E pare che la premier, con un pizzico di comprensibile orgoglio, le tenga in libreria le copie dei suoi libri nelle varie traduzioni, greco compreso...
Ad essere pignoli poi, per quanto sia una prospettiva inusuale, il successo di Meloni è partito addirittura prima in libreria che nelle urne elettorali. I lettori in quel caso erano una premonizione degli elettori. Quando nel 2021 arrivò sugli scaffali Io sono Giorgia fu un successo immediato, arrivò in soli 10 giorni al secondo posto in classifica Nielsen. Meno marcato il successo del secondo titolo, libro intervista con il nostro direttore Alessandro Sallusti. Del resto era il libro intervista di una premier in carica: operazione che richiede più prudenza (e che, magari, si tira addosso qualche sgambetto editoriale in più). Ma si parla comunque di circa 60mila copie, che per il mercato italiano è tanta roba.
Gli altri bestselleristi della politica? Beh, sicuramente bisogna parlare dei due Matteo. Partiamo da Renzi, che di libri ne ha scritti ben 13. In questo caso l'equazione lettore elettore sembra essere decisamente meno marcata. Però il successo in libreria è indubbio, soprattutto per certi titoli. Il mostro. Inchieste, scandali e dossier. Come provano a distruggerti l'immagine (Piemme) fece dei bei numeri sin dall'uscita, 29mila copie in tre mesi.
Meno farcita di titoli la vicenda editoriale di Matteo Salvini. Secondo Matteo. Follia e coraggio per cambiare il Paese (Rizzoli) pubblicato nel 2016 è stato a modo suo un longseller, arrivando col tempo alle decine di migliaia di copie. Io sono Matteo Salvini. Intervista allo specchio del 2019 provocò soprattutto alzate di scudi a sinistra perché l'editore Altaforte (vicino a Casa Pound) fece gridare allo scandalo a sinistra. Il libro di quest'anno, Controvento. L'Italia che non si arrende (Piemme) è partito con una bella fiammata: 7.522 copie certificate a cui si aggiungevano 9.100 copie vendute direttamente dall'editore. Seguì consueta polemica a sinistra per le copie vendute direttamente. Ma non tedieremo qui il lettore su come si fanno i dati delle classifiche. Né elencheremo tutti gli altri leader, da Calenda a Letta, che hanno giocato con la libreria.
Limitiamoci a dire che esiste una politica editoriale delle copie e una politica che fa le copie. Poi c'è la politica che non fa copie.
Nel luglio del 2021, anche Luigi Di Maio tentò la strada della libreria, dando alle stampe, per Piemme, Un amore chiamato politica. La mia storia e tutto quello che ancora non sapete. In un anno raccolse il bottino di 4mila copie. Poi ne abbiamo perse le tracce.
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