"Giovedì scorso ho rassegnato le dimissioni perché è venuta meno la maggioranza di unità nazionale. Con il passare dei mesi i partiti hanno mostrato divisioni, hanno mostrato un progressivo sfarinamento. Il desiderio di andare avanti si è esaurito. Se vogliamo restare uniti costruiamo un nuovo patto di fiducia. Siete pronti?". Questo l'esordio del discorso del premier Mario Draghi, che al Senato ha tenuto delle comunicazioni in seguito alla crisi politica che si è creata nei giorni scorsi.
L'attacco di Draghi
Il presidente del Consiglio non ha usato mezzi termini per rivolgere un attacco diretto a chi in questi mesi ha minato la stabilità della maggioranza. A partire dal Movimento 5 Stelle, che la scorsa settimana a Palazzo Madama ha deciso di non votare la fiducia al decreto Aiuti: "È un gesto politico chiaro, non è possibile ignorarlo, equivale a ignorare il Parlamento e non è possibile contenerlo perché vuol dire che ognuno può ripeterlo. Non è possibile minimizzarlo".
Porta aperta
Nonostante i toni duri utilizzati nel corso del suo intervento, Draghi ha lasciato la porta aperta per restare a Palazzo Chigi. Da qui un appello ai partiti che intendono continuare a sostenere l'esecutivo: "L'unica strada è ricostruire daccapo il patto di fiducia che teneva insieme la maggioranza, con coraggio, altruismo e credibilità. A chiederlo sono soprattutto gli italiani".
Le stoccate ai 5 Stelle
Non sono mancate diverse stoccate, anche se implicite, all'indirizzo del M5S. Come ad esempio sul reddito di cittadinanza, punto cardine dell'agenda grillina: "È una misura importante, ma può essere migliorato per favorire chi ha più bisogno e ridurre gli effetti negativi sul mercato del lavoro".
Draghi ha inoltre denunciato che nell'ambito della politica estera ha assistito a una serie di "tentativi di indebolire il sostegno del governo verso l'Ucraina, di fiaccare la nostra opposizione al disegno del presidente Putin". Mentre i 5 Stelle vanno cauti sul supporto militare sempre più forte a Kiev, il premier vuole tirare dritto: "Il governo si identifica nell'Europa e nella Nato. Bisogna sostenere l'Ucraina in ogni modo, è l'unico per aiutare gli ucraini a difendersi".
Una sferzata arrivata anche sottolineando la necessità di accelerare sull'installazione dei rigassificatori a Piombino entro la prossima primavera e a Ravenna: "Non è possibile volere la sicurezza energetica per gli italiani e poi protestare per queste infrastrutture". I senatori pentastellati hanno applaudito un passaggio sul salario minimo e sul ricordo anti-mafia, ma per il resto non hanno mostrato alcuna emozione particolare.
Quel segnale M5S-Lega
C'è un segnale che non può passare inosservato: come riferito dall'Ansa, nessun senatore del Movimento 5 Stelle ha applaudito alla fine del discorso di Draghi. E lo stesso hanno fatto quasi tutti gli esponenti della Lega. Matteo Salvini è rimasto immobile. Gli applausi più calorosi per il presidente del Consiglio dal banco del governo sono arrivati da Luigi Di Maio, ministro degli Esteri.
L'incognita 5S
Bisognerà vedere come si comporterà il Movimento 5 Stelle che, dopo vertici fiume e incontri a oltranza, non ha ancora assunto una decisione netta: votare o no la fiducia al governo Draghi? Il partito di Giuseppe Conte analizzerà le parole del premier, cercando tra le righe qualche motivazione per evitare di sfilarsi.
La tattica della melina dell'avvocato lo ha messo via via all'angolo: se confermasse la fiducia si attirerebbe le critiche dei ribelli che vogliono interrompere l'esperienza di unità nazionale; se negasse il sostegno a Draghi si andrebbe incontro a una nuova scissione da parte dei
governisti. A quel punto si attenderebbe la reazione degli altri partiti di maggioranza, oltre che quella del presidente del Consiglio: sarebbero disposti a proseguire accontentandosi della stampella dei fuoriusciti grillini?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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