Forse per scoprire il Covid ci devi passare. Qualche giorno fa Silvio Berlusconi ha raccontato a un amico la sua esperienza. «È stato terribile ha confidato per tre giorni sono stato davvero male. Poi mi sono ripreso. Ma anche ora se mi alzo dal letto mi gira la testa. Se ci ritorno mi gira la testa lo stesso. Ho una continua sensazione di spossatezza». Poi ha dato un rapido sguardo alla politica e ai suoi limiti. «Appena mi rimetto ha spiegato dobbiamo rimettere in piedi una forza moderata che modifichi questo centrodestra a guida sovranista e populista sia in una versione, che nell'altra (Salvini o Meloni, ndr). Che non faccia la follia di dire di no al Mes e che riesca ad avere un rapporto positivo con l'Europa».
Due parole che hanno più contezza della situazione di quanto non succeda, invece, in Parlamento. Ieri il contagio è tornato a crescere sfiorando i 6mila casi, sono aumentati i morti e il numero dei ricoverati nelle terapie intensive ha avuto un'impennata (62 in più). Preoccupa il fianco Sud del Paese che sul piano sanitario è rimasto nelle stesse condizioni in cui versava nella prima ondata. Poi, naturalmente, ci sono le file per i tamponi, la scarsità dei vaccini influenzali e la carenza di almeno 20mila tra medici e infermieri. Nei Palazzi romani si consolano dicendo che gli altri Paesi stanno peggio di noi: cioè più o meno quello che facevano a febbraio-marzo scorsi gli altri partner europei rapportandosi all'Italia, dimenticandosi loro ieri, noi oggi - che le ondate (è nell'etimologia della parola) prima si infrangono su un Paese ma poi raggiungono anche gli altri. La verità è che sono stati persi quattro mesi preziosi, che lo scontro ideologico sul Mes ha privato il paese di risorse potenziali, che rispetto a marzo non abbiamo migliorato per nulla, o solo di poco, le strutture sanitarie e la loro distribuzione sul territorio nazionale. Rispetto all'«ora buia» possiamo contare su una maggiore esperienza dei medici, su nuove terapie, sperare nel vaccino ma non certo sulla politica.
Appunto, non c'è ancora contezza dei rischi. L'immagine del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D'Incà, che ieri alla buvette del Senato chiede agli animatori dei potenziali responsabili, Gaetano Quagliarello e Paolo Romani, se, in caso di necessità, sarebbero pronti a dare una mano per fa passare il Nadef (ci vuole la maggioranza qualificata, cioè 161 voti) visto che con il Covid le fila dei senatori giallorossi si sono sguarnite, è esemplare: il governo non si pone per nulla il problema della condizione d'emergenza che si trova ad affrontare, ma tenta di risolverla «alla buona». «Se me lo chiedi ad aumm aumm- è stata la risposta di Romani ti dico di no. Se, invece, lo poni sul piano dell'emergenza costituzionale, se tirate in ballo anche il Presidente della Repubblica, il discorso può essere diverso. Voi non vi rendete conto che se oggi mancano 4 senatori della maggioranza all'appello per il Covid, domani potrebbero esserne assenti 15. E poi passi Conte e Amendola che sono bravi, nel governo avete un problema grosso come una casa di qualità della classe dirigente».
Il Paese è nei guai, 15 regioni sono governate da una maggioranza diversa da quella nazionale, al Senato il Governo è in bilico sullo scostamento di bilancio («ora i numeri ci sono ammette il capogruppo del Pd, Marcucci ma che ne so se questa sera mancano 15 all'appello per il Covid»), ma il metodo per risolvere i problemi è sempre lo stesso: l'«aumm aumm». Poi ti meraviglia se ci sono le file per i tamponi e a Napoli per i posti di terapie sub-intensive è già stato superato il livello di guardia. Mancano risorse: ieri Forza Italia ha votato una risoluzione in favore del Mes, ritrovandosi contro sia Salvini, sia la Meloni. Anche se qualche leghista in confessionale comincia a fare qualche riflessione. «Con queste carenze, con i morti ragionava Alessandro Benvenuto si potrebbenoi leghisti manderemmo pure un segnale inequivocabile all'Europapurtroppo però». Quello di Forza Italia è un segnale, mentre nella Lega solo sussurri. Nella maggioranza è ancora peggio, solo proclami che si infrangono sull'ideologia 5stelle: anche se Zingaretti ha teorizzato il ricorso al meccanismo europeo di stabilità per mesi; anche se, ancora ieri, Renzi lo ha rilanciato ( «le parole con cui si dice di no al Mes sono illogiche»), su questo argomento un pezzo di maggioranza è impotente, un altro è bloccato a difendere i suoi vessilli. Risultato: il governo è fermo. E senza risorse le misure contenute nell'ennesimo Dpcm sono solo «barzellette» (l'espressione è di uno dei leader della coalizione).
L'unico argomento al centro dell'attenzione è il colmo - è il rimpasto di governo che non verrà. Renzi ci spera. Zingaretti è più possibilista. Sull'altro versante Conte è freddo mentre Franceschini decisamente contrario. E Di Maio? «In ogni caso è la sua condizione il primo passo dovrebbe farlo il Pd». Si mena, insomma, il can per l'aia. Eppure basta guardarsi attorno per capire che le cose non vanno. «A parte Conte che è blindato ammette lo stesso Renzi - lo vedono tutti che ci sono diversi ministri incapaci».
Siamo, insomma, all'immobilismo coperto dallo stato d'emergenza. Che senso ha parlare di «rimpasto» se non cambi politica. E il ricorso al Mes ne potrebbe essere l'occasione. In fondo mettere in sicurezza il Paese sul piano sanitario è l'unico modo per garantirsi da altri lockdown. Quindi, investire in sanità è un modo per tenere in piedi il nostro sistema produttivo durante l'epidemia, e magari, se saremo più bravi di altri paesi a tenere accese le fabbriche, per assicurarci nuove quote di mercato: la Cina insegna che purtroppo le crisi possono anche essere delle opportunità. Invece, si dice di no al Mes, si parla degli euro del Recovery fund che arriveranno se tutto va bene tra un anno e intanto, visti i risultati, si sta fermi perché mancano risorse (senza contare che qualora arrivasse il vaccino anche una campagna di vaccinazione nazionale avrebbe i suoi costi). Una condizione che mette sotto stress l'area sulla carta più riformista della maggioranza.
«Ieri Renzi mi ha telefonato a mezzanotte racconta Giacomo Portas, leader dei moderati confluiti in Italia Viva e gli ho detto che viste le file per le vaccinazioni ci dovremmo incatenare a Montecitorio per avere il Mes. Niente da fare, è intontito: parla di un rimpasto che non avrà; ha paura di perdere parlamentari, ma li perderà proprio perché non si muove».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.