La giustizia torna in primo piano, con due provvedimenti sul tavolo del primo «vero» consiglio dei ministri del governo Meloni: conferma del carcere ostativo e rinvio della riforma penale Cartabia. Il terzo riguarda le misure antiCovid, con la fine anticipata al primo novembre dell'obbligo vaccinale per i sanitari e cancellazione delle relative sanzioni. Tutto, nel segno della «discontinuità» rispetto al governo Draghi.
Il decreto legge che vuole mantenere il carcere duro per mafiosi e terroristi, impedendo che accedano ai benefici di legge se non sono pentiti e collaborano con la giustizia, è urgente perché la Corte costituzionale l'8 novembre potrebbe cancellare la norma che riguarda circa 1.200 detenuti, di cui ha segnalato al Parlamento l'incostituzionalità sollecitando le modifiche necessarie.
Sull'«ergastolo ostativo», che Giorgia Meloni considera «uno strumento essenziale» nel contrasto alla criminalità organizzata, il nuovo ministro della Giustizia Carlo Nordio dovrà presentare un testo che recepisca le osservazioni della Consulta sul fatto che il «fine pena mai» contrasta con la Carta e con la funzione rieducativa della pena, ma impedisca scarcerazioni facili di mafiosi.
La base dovrebbe essere il provvedimento votato alla Camera da tutti i partiti con l'astensione di Fdi nella scorsa legislatura, che dava al giudice di sorveglianza la responsabilità di valutare il via libera ai benefici, stabilendo che il detenuto dovesse dimostrare di aver tagliato ogni legame con le organizzazioni criminali e che il pm dovesse esprimere parere positivo. Questo, solo se il detenuto si è comportato correttamente, partecipando al percorso rieducativo e provvedendo alla riparazione pecuniaria. Fdi a marzo giudicò il testo (mai arrivato al Senato) «troppo permissivo» e si vedrà quale soluzione il Guardasigilli propone. Nordio, si sa, è un garantista e sul carcere ostativo in passato si è pronunciato negativamente, ma ora la sua posizione è diversa. «Il carcere è una priorità tra i miei compiti - ha detto- e ho deciso che la mia prima visita esterna non sarà in uffici giudiziari, ma in alcune carceri in particolare difficoltà».
L'altro provvedimento rinvierebbe al 30 dicembre 2022 l'entrata in vigore di alcune disposizioni della riforma penale e va incontro alla richiesta di tutti i 26 procuratori generali in una lettera al ministro della Giustizia. Sarebbe un segnale di attenzione alla magistratura, che potrebbe distendere gli animi. Le toghe, infatti, segnalavano l'impreparazione del sistema e il provvedimento intende rispettare le scadenze del Pnrr e consentire la necessaria organizzazione degli uffici giudiziari.
Il vicepremier Matteo Salvini commenta soddisfatto: «Bene, anche sulla giustizia finalmente si cambia, avanti così». E l'opposizione attacca, con la capogruppo dei deputati Pd Debora Serracchiani, che dice: «Il rinvio in blocco dell'entrata in vigore della riforma rischia di buttare a mare 2 anni di lavoro e di mettere a rischio i fondi Pnrr».
Il terzo punto all'ordine del giorno toccherà il tema della salute, con l'anticipo al 1 novembre 2022 della scadenza dell'obbligo vaccinale per chi esercita la professione sanitaria e la conseguente abrogazione delle sanzioni per l'inosservanza dell'obbligo.
«L'obiettivo - si spiega a Palazzo Chigi - è dare seguito all'indicazione tracciata dal Presidente Meloni nelle sue dichiarazioni programmatiche rese in Parlamento e segnare così un primo atto di discontinuità, rispetto ai precedenti esecutivi, nella gestione della pandemia da Covid».
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