Predire e prevenire i reati di maggiore allarme sociale, ovvero i più comuni e anche più odiosi: molestie sessuali, furti in abitazione, rapine e raggiri ad anziani e fragili. Con la possibilità di estenderne l'utilizzo anche in altri ambiti, man mano che migliora la tecnologia, come ad esempio il terrorismo. Un obiettivo ambizioso che si prefigge «Giove», il primo «sistema di analisi automatizzata per l'ausilio alle attività di polizia».
Passaggio necessario alla sua completa attuazione da parte delle questure italiane non prima di un anno - sarà il via libera del Garante per la privacy. «Siamo in una fase avanzata ma incoraggiante», le parole di Francesco Messina, direttore centrale Anticrimine della Polizia di Stato. «Giove spiega Messina - perfeziona e amplia esperienze che abbiamo già avuto a livello sperimentale. In pratica, connettendosi con le banche dati, abbatte i tempi dell'accertamento degli elementi che noi usiamo a fini investigativi». Si tratta di ottimizzare gli esiti delle informazioni che le forze di polizia consultano quotidianamente, tramite meccanismi di analisi che indicano come possono verificarsi determinati fenomeni senza introdurre elementi fuori controllo.
Il sistema è nato nel 2020 grazie a un lavoro del Dipartimento di pubblica sicurezza del ministero dell'Interno e include tutte le sperimentazioni della questura di Milano, a partire dal 2008, effettuati con un altro software, il Keycrime, utilizzato soprattutto per il contrasto alle rapine in farmacia e nei negozi. Il sistema si avvale di un set di domande da porre alla vittima in fase di denuncia, la possibilità di inserire file multimediali audio e video (che non consentono direttamente l'individuazione di sistemi coinvolti) e molto altro. Ciò dovrebbe consentire quindi di elaborare quegli «elementi ricorrenti» utili alle forze di polizia per la loro attività investigative.
Giove agisce in due sensi: prevenzione e repressione. «Quanto alla prevenzione sottolinea sempre Messina significa dare alle questure la possibilità di comprendere come si sviluppano determinati fenomeni, senza scendere nelle singole soggettività». L'altro tema è la repressione. «Prendiamo i furti agli anziani, un reato odioso. Non c'è dubbio che un maggiore controllo da parte delle forze di polizia si traduca in un calo di quei reati. Tradotto in parole povere: i ladri saranno meno incentivati a entrare in un appartamento se il territorio è presidiato. Ma se io non incido dal punto di vista repressivo sul fenomeno, il ladro si sposta in un'altra zona della città. Ed è un gatto che si morde la coda». Ragionamento che non fa una piega. «Quello che cerchiamo di fare grazie all'intelligenza artificiale è invece raccogliere tutti gli elementi che caratterizzano il modus operandi di un gruppo o di un singolo criminale, che sia ad esempio responsabile di svariati furti, per essere presenti, in un determinato momento, con una macchina della squadra mobile o in borghese. Una volta che ho sottoposto la banda o il singolo all'autorità giudiziaria, ho abbassato del tutto i furti».
Venendo ai rischi, Messina sottolinea che nell'impiego di questo sistema vengono prima di tutto il rispetto del tema etico e l'elaborazione secondo la norma.
«Ad esempio succede che la macchina, con il sistema Sari (Sistema automatico di riconoscimento immagini) individua una somiglianza fotografica con un determinato soggetto: a quel punto io non mi attengo solo alle sue elaborazioni, ma faccio intervenire il tecnico di polizia scientifica che fa il suo lavoro come prima. Nel nostro sistema vi è quindi una doppia sorveglianza: non solo l'etica del programmatore, ma anche la valutazione dell'operato della macchina da parte dell'uomo. E in questo caso rischi ce ne sono pochissimi».
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