"Il giustizialismo porta male all'Italia". Intervista a Matteo Renzi

Il leader di Stati Uniti d'Europa: "l mio cruccio? La rottura con Berlusconi sul patto del Nazareno"

"Il giustizialismo porta male all'Italia". Intervista a Matteo Renzi

Un intermezzo con 25 palleggi consecutivi in una pausa del festival dell'Europa a Ventotene. E oggi interverrà, da garantista, nella tana del lupo dell'Anm a Palermo. Matteo Renzi sta girando l'Italia nella nuova veste di leader (ma non capolista) della nuova forza con Emma Bonino.

Senatore Renzi, a sinistra guardano con sufficienza la sua sfida di portare a Strasburgo la lista Stati Uniti d'Europa. Sente di farcela?

«Sì. Siamo gli unici a prendere sul serio queste elezioni. Se vinciamo noi andiamo al Parlamento europeo, gli altri se vincono si dimettono. Sul simbolo abbiamo il progetto Stati Uniti d'Europa, gli altri hanno un cognome. Noi vogliamo mandare a casa von der Leyen, mentre lunedì Tajani apre con lei la campagna elettorale di Forza Italia. Spero che gli italiani per una volta scelgano le idee. E mandino in Europa chi vuole contare in Europa, anziché contarsi in Italia».

L'asse Pd-M5s sta facendo la campagna elettorale sul caso Toti chiedendo dimissioni ed evocando una nuova Tangentopoli. Porta voti il giustizialismo alle urne?

«Non so se porta voti alla sinistra, certo porta male all'Italia. Noi siamo garantisti e rimaniamo garantisti anche con gli avversari politici: perché altrimenti non ha senso. Tuttavia segnalo che la destra non è stata garantista con Lella Paita, mentre la sinistra è garantista solo con i suoi. Sul caso di Toti: non capisco perché l'arresto avviene adesso per fatti che risalgono ad anni fa. Ora sono però curioso di vedere che cosa farà Fratelli d'Italia: saranno garantisti come lo sono stati con l'imputato Delmastro o saranno giustizialisti come lo sono stati contro di noi?».

Una certa sinistra sta cavalcando l'antisemitismo e la censura di chi la pensa in modo diverso. Com'è possibile arrestare due fenomeni così pericolosi?

«Educando alla libertà. E al rispetto. Si può essere convinti che Netanyahu stia sbagliando, ma non si può negare il diritto Israele di esistere. Si può non pensarla come la Roccella o David Parenzo, ma quando a qualcuno è impedito di parlare in un'aula pubblica questa è violenza. Purtroppo negli ultimi anni l'estremismo progressista della cancel culture ha sdoganato la censura. Tornare a mostrare la libertà come metodo e la speranza come orizzonte è l'obiettivo della nostra presenza politica».

Con la richiesta di sopprimere il Jobs Act, il Pd ha di fatto abbandonato il riformismo. Possibile che nel centrosinistra questo valore sia riconosciuto solo da forze laiche che insieme stentano a raggiungere il 10%?

«Si scrive Pd e si legge Cgil. Il Job Act come Industria 4.0 o gli 80 euro o l'Irap costo del lavoro sono le uniche misure poderose fatte da un governo per sostenere la ripresa. Il fatto che Elly Schlein abbia sposato la linea di Landini e Conte è positivo: fa chiarezza. Non sono io che mi sono spostato: sono loro che hanno abbandonato il riformismo per diventare la sinistra radicale. Quanto alla destra ricordo che Salvini e Meloni ai tempi del Jobs Act mi accusarono di aver ceduto alle lobby e ai padroni e votarono contro il Jobs Act. Ma spero che da qui al referendum cambino idea e stiano con noi e contro Landini».

Cos'è oggi il centro in Italia? Una componente cattolica e liberale che trova casa principalmente nel centrodestra?

«Il centro oggi è alternativo sia ai sovranisti di destra che ai populisti di sinistra. Come fa il centro ad allearsi con chi vive di sussidi come i grillini ma anche con chi vuole meno Europa come Salvini. Se dici meno Europa oggi vuol dire che avremo più Cina, non più Italia».

Lei ha promesso che se sarà eletto andrà a Strasburgo. Sarebbe a disagio nel sedersi vicino a Ilaria Salis, un'antagonista con precedenti, se dovesse superare anch'essa il 4%?

«Al Parlamento europeo per me devono andare politici capaci di fare la differenza non delle icone ma ognuno fa quello che crede. Dopo di che, io sono garantista: quando vedo in tutto il mondo cittadini italiani in catene in attesa di giudizio penso che il governo Italiano debba agire per portarli a casa. La sinistra è garantista per Salis e giustizialista con Toti. La destra è garantista per Toti e giustizialista con Salis. Noi siamo garantisti con tutti. Gli unici garantisti. Il nostro simbolo è Giandomenico Caiazza, quarant'anni fa avvocato di Enzo Tortora, oggi candidato al centro. E oggi andrò al Congresso dell'Anm senza paura per dire perché sono fiero di essere garantista».

Giochi a carte scoperte senatore: come immagina la sua Europa dopo le elezioni di giugno. La sua lista appoggerebbe una possibile riedizione del grande patto Popolari-Socialisti? Sogna sempre Draghi presidente?

«Ci sarà il patto Ppe-Pse-Renew. Se sarò eletto proverò a giocare la partita insieme agli amici di Renew. Il sogno è Draghi, certo. L'incubo è un bis di Ursula».

Confessione prima del voto. Il suo più grande rimpianto politico.

«Non ho rimpianti. Michael Jordan diceva che un campione ha fallito più volte di quanto un perdente ha provato. Mi rimane un cruccio, questo sì: la rottura del Nazareno con Berlusconi. Ma chi c'era sa bene come andarono le cose. E comunque io sono felice di aver recuperato il rapporto umano col Cavaliere.

Mi ha mandato a casa, non mi ha mai votato, non sono mai stato tra i questuanti che facevano la fila da lui: ma abbiamo avuto un rapporto umano vero, ci siamo sempre rispettati. E ci siamo fatti anche un sacco di risate. Il che non guasta mai».

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