Torino. Chi ha ucciso Giusy? Chi poteva voler male a una donna minuta, piegata dai dolori della vita, fragile nel fisico come nella mente? Chi la odiava così tanto, da spararle tre colpi, uno al collo e uno in viso (uno a vuoto), da distanza ravvicinata, proprio nel giorno del suo 52° compleanno? È giallo a Chivasso (Torino) dove Giuseppina Arena, che tutti conoscevano come Giusy la cantante, è stata ammazzata con un rituale simile alle esecuzioni mafiose, sotto il cavalcavia della Tav, una decina di chilometri da casa sua. Era accanto alla sua bici bianca e rossa, Giusy, in un prato incolto, raggomitolata su se stessa, in un ultimo quanto inutile tentativo di proteggersi.
Non sarà facile per gli inquirenti individuare il movente. La vita di Giusy era fatta di tante abitudini e poche cose: abitava da quasi 20 anni nelle case popolari di via Togliatti, famose per essere state, fino a poco tempo fa, casa del tiktoker da 150 milioni di follower Khaby Lame. Quaranta metri quadrati al primo piano, due cani e una decina di gatti che lei considerava la sua famiglia. Pagava il canone più basso previsto per gli alloggi popolari e non risulta avesse mai ospitato nessuno come inquilino e anche in città se la ricordano tutti sempre sola.
Una famiglia, però ce l'aveva: una mamma morta da un paio d'anni fa che andava spesso a trovare al cimitero, un fratello Angelo che vedeva raramente. I pasti erano quelli che la Caritas le lasciava tutti i giorni accanto alla porta e poi c'era l'aiuto dei concittadini, qualche regalo, come la bicicletta dalla quale non si separava mai. Pedalava e cantava Giusy, narrando con filastrocche inventate i dolori della sua vita: un marito che l'aveva lasciata troppo presto, i gemelli partoriti quando era poco più che ragazzina e subito tolti, affidati a un'altra famiglia e che non aveva mai più visto. Dolori troppo grandi da sopportare, che hanno minato un equilibrio già precario, facendo di lei una donna bambina che aveva trasformato il suo malessere in una malinconia che attirava la benevolenza degli altri. A Chivasso tutti la conoscevano e la amavano, per questo è difficile capire chi potesse odiarla fino ad ucciderla.
Gli inquirenti stanno ricostruendo le sue ultime ore, anche attraverso le analisi del suo vecchio cellulare. L'hanno ritrovata vestita con il giubbotto di alcune taglie più grandi, le calze rosse e i pantaloni scuri. In quel prato lungo la strada che da casa sua porta fino a Montanaro, dove vive il fratello, dal quale però non è mai arrivata. Le indagini non possono che partire dai tre bossoli ritrovati davanti al suo corpo, sparati da qualcuno che forse la conosceva e l'ha guardata negli occhi mentre l'ammazzava. E dall'ingente eredità che le aveva lasciato la madre un paio d'anni fa.
Oppure Susy pedalando e cantando non si è accorta di essere finita nel posto sbagliato e involontariamente ha visto qualcosa o qualcuno che non avrebbe dovuto. E per farla tacere le ha sparato tre colpi in viso, proprio il giorno del suo compleanno.
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