Il governo sgomita in tv da Ciampino a Palazzo Chigi

Salvini e Bonafede si precipitano all'aeroporto, poi il premier li vuole accanto per una nuova comparsata

Il governo sgomita in tv da Ciampino a Palazzo Chigi

L'allarme rosso scatta intorno alle 7,50, quando da bordo del Falcon 900 dell'Areonatica militare viene comunicato che, in virtù di favorevoli (e solidali) correnti sull'Atlantico, si vola che è una bellezza. «Arriveremo prima, un'ora circa». La comunicazione viene intercettata dai radar politici del Viminale e del ministero di Giustizia. L'aliseo boliviano che sospinge i fremiti del governo gialloverde crea però un certo scompiglio: il guardasigilli Adriano Bonafede si consulta telefonicamente con Di Maio, ma lo scopre già in van-car con Di Battista alla volta di Strasburgo, fuitina tutta da raccontare in diretta Facebook. I guai cominciano quando l'agenda di Salvini rivela una conferenza stampa programmata per le 10.30, assieme al commissario Avramopoulos. «Non ce la faremo mai, per Ciampino», sbotta il vicepremier leghista. Conferenza annullata, Avramopoulos viene ricevuto ugualmente, guardando l'orologio. Il commissario greco sulle prime non capisce, pensa a una ripicca per i migranti, poi glielo spiegano: «Sa, torna Battisti... Non vediamo l'ora». Viene sbolognato a Conte, che tanto non ha un partito e i militanti da galvanizzare. Si rifarà dopo, pretendendo una conferenza stampa a Palazzo Chigi, per ribadire che: «È un grande risultato, lo dovevamo ai familiari delle vittime» e ora velocemente e rapidamente Battisti sconterà i suoi ergastoli a Oristano (sede scelta da Bonafede per scongiurare clamori e riflettori di un carcere metropolitano).

Viminale-Ciampino è un attimo, otto minuti ci mettevano gli autisti di Fanfani. L'autoblu di Bonafede non è da meno. Eccole incrociare l'ingresso dell'aeroporto; l'ex terrorista è già sbarcato, 11.38 secondo più secondo meno. Accade l'incredibile: non appena Battisti sparisce negli uffici dell'Aereonautica, ecco gli avieri montare un palchetto sulla pista. «È per Salvini e Bonafede», dicono. Fotografi e cameramen, sorpresi, montano gli attrezzi in direzione del palchetto. Ma molti di loro cominciano a ricordare che poche settimane fa, al ritorno in patria della salma del povero giovane reporter Megalizzi ci fosse solo lo strazio dei familiari e il presidente Mattarella (che non ha bisogno di assumere un'aria contrita). All'ultimo momento, per tappare il buco di governo, arrivò trafelato il solo Fraccaro. Ma ora il momento è «memorabile, storico», come confermeranno poco dopo i due ministri. Le cui autoblù hanno nel frattempo scaricato il prezioso carico di passeggeri (d'altronde Salvini aveva premesso che un «pericoloso terrorista codardo come quello non voglio incontrarlo»). Non salgono sul palco, ma nell'improvvisato commosso comizio sottolineano l'importanza del momento. Salvini è fiume in piena. Bonafede, nell'incerto italiano che gli va riconosciuto, arranca al passo. «Grazie a tutti, a Bolsonaro, alla Bolivia, puntuali per l'arrivo dell'assassino comunista, ora andiamo a prendere gli altri latitanti, senza distinzione di colore, è bello fare politica così, siamo una squadra fortissimi» (non è vero, Bonafede dirà solo: «Compatti non ci ferma nessuno»). Una passerella «indecente»: il dettaglio non sfugge per primo alla vecchia volpe Cicchitto.

Lo notano l'ex pm Caselli, poi Tajani, Gentiloni, i renziani. «Che sceneggiata». Di «strumentalizzazione enorme» parla persino la grillina Fattori. Sui social imperversano post con foto contrapposte Megalizzi-Battisti. Viene su un gran magone.

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