Il governo tecnico e il sesso degli angeli

Ciampi, Dini e Monti più politici dei politici dichiarati

Il governo tecnico e il sesso degli angeli

Qualcuno ha storto il naso dopo le scelte del Presidente del Consiglio Mario Draghi: “Troppi ministri politici, 15 su 23”. Anche se gli 8 tecnici occupano tutti ruoli chiave: Daniele Franco all’economia, Marta Cartabia alla giustizia, Luciana Lamorgese all’interno, Enrico Giovannini alle infrastrutture, Patrizio Bianchi e Maria Cristina Messa a istruzione e università, Roberto Cingolani alla transizione ecologica, Vittorio Colao all’innovazione tecnologica. Si tratta di 7 ministeri di spesa e 1 senza portafoglio. Sono tutti gangli vitali della pubblica amministrazione e dell’azione di un esecutivo. Nonostante la presenza dei partiti che lo sostengono non sia così preponderante, il governo Draghi è in ogni caso un governo politico. Perché nessun governo può definirsi “apolitico” nella misura in cui è tecnico. I governo tecnici sono stati politici nel senso pieno del termine, perché hanno assunto decisioni e varato provvedimenti che hanno influenzato la vita di milioni di cittadini italiani.

Vediamo un po’. “Il governo del governatore”, come fu nominato dalla stampa l’esecutivo guidato da Carlo Azeglio Ciampi, giurò nella mani del Capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro il 29 aprile 1993 e restò in carica fino al 13 gennaio 1994. Era la prima volta che a Palazzo Chigi sedeva un cittadino mai eletto a una carica elettiva. Vi arrivava l’economista che era governatore della Banca d’Italia dal 1979. Allora apparve una rivoluzione nelle Istituzioni: il governo fu composto senza che il Presidente del Consiglio consultasse i segretari dei partiti che lo sostenevano (Dc, Psi, Pli, Pri, Psdi) mentre il ciclone di Tangentopoli stava spazzando via gran parte della classe dirigente della Prima Repubblica. 10 ministri tecnici, tra i quali Giovanni Conso alla giustizia, Franco Gallo alle finanze, Paolo Savona all’industria, Alberto Ronchey ai beni culturali. Il luglio 23 luglio 1993 il governo sigla con sindacati e Confindustria l’accordo che fissa il sistema della contrattazione dei rapporti di lavoro subordinato. Il “Protocollo sulla politica dei redditi e dell’occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produttivo” stabilisce due livelli di contrattazione, uno nazionale e uno aziendale o territoriale.

A livello centrale un contratto deve prevedere una durata biennale e rinnovi legati al tasso d’inflazione programmata dal governo nel documento di programmazione economica e finanziaria, per salvare il potere d’acquisto dei salari. Rinnovi da sottoporre a verifica confrontando l’inflazione reale a quella programmata. Prima della firma furono chiamati a esprimersi tramite votazione 1.327.290 lavoratori (i sì prevalsero con il 67%); ma il Protocollo interessava la retribuzione di circa 10 milioni di cittadini italiani in regime di contratto collettivo nazionale. Era nata la concertazione delle politiche economiche e sociali tra governo, sindacati e organizzazioni industriali. Passiamo al governo di Lamberto Dini, chiamato anche Lambertow per la sua ventennale permanenza a Washington nel Fondo Monetario Internazionale. Salito a Palazzo Chigi il 17 gennaio 1995 dopo il clamoroso ribaltone della Lega di Umberto Bossi che aveva disarcionato alla fine del 1994 il primo esecutivo di Silvio Berlusconi, Dini era peraltro stato ministro del tesoro del Cav. Resterà in carica fino al 18 maggio 1996. Un governo interamente composto da docenti universitari e prefetti. La sola Susanna Agnelli ministro degli esteri poteva essere associata al Partito repubblicano. Il suo nome resta legato alla riforma delle pensioni (legge 335 dell’8 agosto 1995) che introdusse il pensionamento flessibile in un’età compresa tra i cinquantasette e settantacinque anni per uomini e donne e previde la sostituzione progressiva del sistema di calcolo retributivo con il sistema contributivo (cioè la base di calcolo per la pensione era l’insieme dei contributi versati e non più l’ultima retribuzione). Una rivoluzione copernicana che riguardò milioni di pensionati e lavoratori, chiamando al voto per il referendum indetto da CGIL, CISL e IUL 4,4 milioni di iscritti. Per capire la platea di destinatari di questa normativa, si consideri che in Italia ci sono 16 milioni 260mila pensionati. E chiudiamo con il governo di Mario Monti.

Il presidente dell’università Bocconi di Milano si fece nominare prima senatore a vita dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il 9 novembre 2011 e poi si vide conferire l’incarico di Presidente del Consiglio il 16 novembre. Resterà a Palazzo Chigi fino al 28 aprile 2013. Anche in questo caso professori universitari, prefetti, militari, banchieri. Nessun politico espressione dei partiti che sostenevano il governo, PdL, Pd, i finiani, l’UDC, i radicali e altre formazioni. Le politiche di austerità imposte da quell’esecutivo hanno un costo elevato per l’intera economia italiana. Il 12 aprile 2017 il governo Gentiloni presenta il Piano nazionale di riforma, che compone il Documento di economia e finanza. A pagina 17 si legge “Una valutazione del ‘Salva Italia’ con la nuova variante del modello IGEM con frizioni finanziarie”. L’IGEM è un modello del dipartimento del tesoro utilizzato per valutare misure alternative di politica economica, per studiare la risposta dell’economia italiana a shock temporanei di varia natura ed anche per effettuare analisi di lungo termine (riforme strutturali). Si legge in questo documento: “Nel 2011 il Governo italiano intraprese una forte azione di risanamento dei conti pubblici. Tale azione si esplicitò nella adozione massiccia di una serie di misure correttive (c.d. Salva Italia). Fu un intervento di stabilizzazione finanziaria basato sia sul contenimento della spesa pubblica sia sull’incremento delle entrate (complessivamente circa il 4,7 per cento del PIL ex-ante). Contestualmente si verificò un deterioramento repentino delle condizione di offerta di credito da parte del settore bancario. La presenza di frizioni finanziarie, introducendo forti ostacoli all’accesso a finanziamenti esterni, accentuarono ulteriormente le difficoltà del credito per le imprese e le famiglie italiane con ulteriori ricadute negative sull’economia e sui conti pubblici. Tale deterioramento si tradusse in un aumento medio del rapporto tra le sofferenze e il capitale bancario pari a 6,2 punti percentuali tra il 2011 ed il 2015. I risultati delle simulazioni mostrano gli effetti recessivi indotti dalla misure in esame in entrambi gli scenari.

Tuttavia sono apprezzabili alcune rilevanti differenze quantitative. Anzitutto, la presenza di frizioni finanziarie amplifica gli effetti recessivi del consolidamento fiscale sia sul PIL sia sulle principali componenti della domanda (consumi e investimenti). In particolare, gli effetti sugli investimenti sono particolarmente severi in quanto la contrazione del valore del capitale bancario induce una corrispondente riduzione del credito… In secondo luogo, la presenza di frizioni finanziarie rende il consolidamento fiscale meno efficace (self-defeating) in relazione a quello che si avrebbe in assenza di frizioni finanziarie. In particolare, nello scenario che incorpora frizioni finanziarie la riduzione del rapporto Deficit/PIL si attesta mediamente su 1,5 punti percentuali, mentre in assenza di frizioni la variazione sarebbe di 2,9 punti percentuali, nell’arco di tempo considerato”.

Tradotto, si tratta di 300 miliardi in meno di PIL tra il 2012 e il 2015, 75 miliardi all’anno. Oppure, se si tiene conto dello studio del 2018 dell’Osservatorio sui conti pubblici di Carlo Cottarelli, 40 miliardi tra il 2011 e il 2012. Comunque cifre importanti per l’economia e quindi per i cittadini italiani. Quindi non è possibile dire che un governo tecnico in quanto tale è apolitico. Al massimo, e non è il caso dell’esecutivo guidato da Draghi, può essere apartitico nella sua composizione. Ma non può prescindere dai partiti, perché la sua legittimità dipende dalla fiducia del Parlamento.

Nessun governo tecnico o semitecnico è stato e sarà mai apolitico. Perché sono sempre state assunte e sempre lo saranno decisioni politiche che hanno inciso sulla vita di milioni di italiani. Solo gli angeli non hanno sesso. I governi tecnici ce l’hanno eccome.

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