«La flat tax che abbiamo in mente sarà rispettosa della progressività prevista dalla Costituzione, a saldo invariato per non creare né deficit né debito pubblico». Il viceministro dell'Economia Maurizio Leo risponde a distanza ai rilievi della Ue sulla riforma fiscale che ha immaginato il governo, che secondo la Commissione «solleva preoccupazioni di equità ed efficienza del sistema». Davanti a commercialisti e avvocati presenti nell'aula magna del Tribunale di Milano prima e a un evento sulla delega fiscale a Pavia poi, l'esponente Fdi conferma «la prospettiva di legislatura di addolcire le aliquote a tre dalle attuali quattro» e ribadisce che «lo strumento fiscale deve servire per la crescita del Paese, non per fare gettito e basta». Musica per le orecchie degli italiani, a cui il governo ha già paventato una possibile tassazione al 15% della prossima tredicesima. «Ma bisognerà aspettare i saldi del Nadef in autunno» e soprattutto le stime sul Pil, «atteso all'1,5% di crescita nel 2023».
Ma come è possibile che la flat tax «proporzionale» sia anche «progressiva»? Come può una tassa piatta rispettare l'articolo 53, comma 2 della Costituzione («Il sistema tributario è uniformato a criteri di progressività») senza avvantaggiare i più ricchi? Trovando un equilibrio tra la no tax area e i 313 miliardi di tax expenditures, ricorda il viceministro. Una «potatura di questo magma» è possibile senza costi finanziari insostenibili. In Italia ci sono circa 800 «vocine» tra detrazioni e deduzioni che hanno frammentato la base imponibile, rendendo l'Irpef una tassa iniqua. A parità di reddito si pagano imposte diverse, un sistema così deformato e complicato incoraggia l'evasione fiscale. «Per la sua semplicità e imposizione poco elevata la flat tax ha consentito di fare emergere tanti evasori», ricorda Antonio Gigliotti del Centro studi Fiscal Focus. Vediamo i dati. Già oggi, secondo una microsimulazione Istat ancora valida, l'Irpef depurato delle detrazioni è realmente progressivo fino a 24mila euro, poi si stabilizza attorno al 14% medio di prelievo. Nella famiglia dei redditi più alti (fino a 300mila euro) l'aliquota media è appena il 15,5%, il 10% circa in più dei redditi bassi. Questo perché la progressività viene «manipolata».
Facciamo invece un esempio di flat tax: aliquota al 23% fino a 50mila euro e una no tax area a 10mila. Chi guadagna 20mila euro ne pagherebbe 2.300 (l'11,5%); chi ne prende 30mila 4.600 (15,4%); a 40mila l'imposta sarebbe pari a 6.
900 (17,3%); a 50mila si pagherebbero 9.200 euro, pari al 18,4%. Per compensare l'eventuale mancato gettito le tax expenditures si potrebbero ridurre sopra una certa soglia e abolire sopra un'altra. Tutte alchimie a cui stanno lavorando i tecnici del Mef.
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