«Ci sono due sinistre: quella che critica la riforma Calderoli nel merito e su punti precisi (la scrittura dei Lep per evitare divari nel livello delle prestazioni tra regioni, la procedura del negoziato per l'autonomia che deve essere trasparente e vedere un ruolo centrale del Parlamento), e quella massimalista che è proprio contro l'Autonomia in sé».
Stefano Ceccanti, costituzionalista e esponente riformista del Pd, aveva previsto da tempo l'inammissibilità del referendum e spiega il verdetto della Consulta: «Ha dato ragione alle critiche della sinistra riformista, e torto ai massimalisti e anche alla maggioranza, per come ha scritto la riforma». Le pretese dei «massimalisti» hanno portato alla bocciatura: «Dopo la sentenza correttiva della legge - spiega Ceccanti - i promotori avrebbero dovuto dire per primi che non aveva senso proseguire col referendum. Invece loro puntavano a fare un plebiscito sulla Costituzione, non su una legge ordinaria. Non si accontentavano di quella vittoria e, come quasi sempre succede, hanno perso».
Resta la speranza, esile, che ora si possa riaprire il dialogo in Parlamento. «Questa legislatura sembra segnata da una mancanza assoluta di comunicazione, di cui la mancata elezione dei giudici costituzionali è solo l'ultimo episodio. La maggioranza parte da compromessi solo al proprio interno, l'opposizione sembra per lo più contenta di non essere coinvolta. L'autonomia merita critiche anche dure, ma in chiave riformista. Così invece le riforme non si fanno o finiscono per essere solo di parte, destinate ad essere rimesse in discussione a ogni cambio di governo». E Ceccanti ricorda: «Il conflitto anche duro sulla politica non può escludere la convergenza sulle regole». Ora però restano in ballo solo i quesiti che spaccano il centrosinistra. «Quello sulla cittadinanza parla al futuro e semplifica. Quelli sul Jobs Act invece guardano solo al passato, e a mio parere sono da bocciare. Ora vedremo chi è interessato a guardare solo indietro. Di certo i quesiti sul Jobs act sono pensati per dividere la sinistra, più che per contrastare la destra». Nel Pd si è già aperto il dibattito, e «sarei stupito del contrario», nota l'esponente riformista: «Non è che quando si va all'opposizione si debba chiedere una sorta di abiura di quel che si è fatto dal governo, per tornare a quel che c'era prima».
Da regista del convegno di Orvieto, Ceccanti auspica una resipiscenza riformista in casa Pd: «La categoria di centro è ambigua. Il punto è come una cultura riformista possa essere di nuovo egemone nel centrosinistra, evitando regressioni e ambiguità».
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