La Gran Bretagna si riscopre un'isola

A favore del sì le zone meno ricche e industriali, a favore del no Londra e la Scozia

La Gran Bretagna si riscopre un'isola

La Gran Bretagna vota per lasciare l'Europa con il 51,9 per cento dei consensi alla Brexit e solo il 48,1 per il «remain». E all'indomani della vittoria dei «leave» l'opinione pubblica britannica si sveglia nuovamente spezzata in due. C'è chi brinda, entusiasta di essersi lasciato l'Europa alle spalle e c'è si strappa i capelli perché in quest'Europa voleva continuare a starci nonostante tutto.

Non è facile interpretare la mappa del voto per Brexit, decodificarne il significato, poiché nelle scelte dei singoli s'intrecciano storie, culture, motivazioni molto diverse. Le appartenenze geografiche contano in questo caso poiché delineano il sentimento di frustrazione di chi ha votato per andarsene, sentendosi abbandonato da una burocrazia europea che non si è mai occupato di lui. È il caso delle aree rurali e post-industriali delle città inglesi e gallesi del Nord, come Sheffield, le Midlands e Birmingham e delle cittadine del sud d'Inghilterra. Tra queste sono nove le aree che hanno decretato il trionfo di Brexit tra cui Boston, South Holland, Castle Point, Thurrock e Great Yarmouth, che hanno fatto registrare la percentuale più alta di euroscettici regalando a «leave» il 70 per cento dei voti. «Remain» invece ha vinto soprattutto a Londra, dove le relazioni con l'Europa appaiono più strette e in Scozia e Nord Irlanda. La percentuale più alta è stata rilevata a Gibilterra, dove la percentuale di votanti europeisti ha raggiunto il 95,9 per cento, seguita da altre zone londinesi come Lambeth e Hackney dove la percentuale si è attestata intorno al 75 per cento. Al 74 per cento sono arrivate invece le percentuali di Edimburgo e Belfast Occidentale.

Ma dietro le cifre ci sono le persone e queste cifre indicano molto altro. Dicono per esempio che esiste una disconnessione netta tra la capitale e le zone agricole e rurali del Paese. «Per gli abitanti di queste zone - spiega il corrispondente della Bbc Danny Savage - non si è trattato soltanto di un voto sull'Europa, ma di un voto sulla classe elitaria metropolitana che ordinava quello che dovevano fare. E loro si sono ribellati». Per gli agricoltori del sud-ovest d'Inghilterra, non dipendere più dalla burocrazia di Bruxelles è un sollievo poiché si spera che d'ora in poi ci si relazionerà con il mondo, non con un piccolo club e scomparirà il labirinto di regole che sosteneva aziende inefficienti. Ma non in tutte le aree le opinioni sono uniformi. Nella maggioramza del Paese, questo referendum ha diviso le famiglie. A Birmingham «leave» ha vinto ma soltanto per 3800 voti e le reazioni della gente passano dall'entusiasmo al malcontento all'incredulità.

«Siamo abbastanza forti, coraggiosi e bravi da poter andare la fuori e mostrare al mondo di che pasta sia o fatti», racconta alla Bbc Lisa che lavora in una banca. Ma Sam, che opera nel campo del reclutamento di personale, non è affatto convinto che tutto sarà così facile e teme un'enorme recessione. Poi ci sono i giovani, gli adolescenti, quelli nati in famiglie miste. Loro hanno votato in massa per rimanere. E adesso la rete è invasa da migliaia di post in cui i ragazzi si scagliano contro Brexit. «Non nel mio nome» e «Che cosa abbiamo fatto» sono le frasi chiave, il comune denominatore dei commenti dei più giovani che dall'uscita dall'Europa si sentono pesantemente danneggiati.

«E adesso come farò ad andare a studiare all'estero, dove troverò lavoro?», si chiedono in tantissimi.

E quello che non va giù è che a decidere la vittoria sia stata una percentuale così bassa di votanti, tanto che una petizione per chiedere un secondo referendum ha raggiunto le 100mila firme nel giro di poche ore.

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