
I numeri parlano chiaro. Ogni giorno 4,4 miliardi di euro di beni e servizi attraversano l'Atlantico tra l'Ue e gli Stati Uniti. La relazione economica tra le due potenze economiche è una delle più significative a livello globale, oltre 1.600 miliardi l'anno, ossia il 30% circa del commercio mondiale. La guerra dei dazi storicamente innesca un gioco a somma negativa per tutti, mentre limitare le barriere tariffarie ha al contrario effetti benefici su entrambe le sponde dell'Oceano. «Se c'è una cosa su cui tutti gli economisti sono d'accordo è che più lo scambio è libero più se ne giova il benessere dei consumatori», spiega il direttore dell'Ufficio studi di Confcommercio, Mariano Bella, interpellato dal Giornale.
Un accordo di libero scambio tra Stati Uniti e Unione Europea, con l'eliminazione completa dei dazi - che prima dell'offensiva di Trump ammontavano a meno del 3% del totale degli scambi tra le due aree - potrebbe portare numerosi vantaggi strategici ed economici ben oltre le percentuali dei dazi. Studi condotti durante i negoziati del TTIP - il partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti tra Usa e Ue poi non andato in porto - stimavano per l'Ue un aumento del Pil tra lo 0,3% e lo 0,5% all'anno, pari a ben oltre 100 miliardi l'anno. In aggiunta, le economie più aperte quali la Germania e l'Italia, ne trarrebbero i maggiori benefici, grazie al forte orientamento all'export.
Quando si parla di interscambi commerciali, tutti i servizi delle big tech sono delle forme di esportazioni, molto importanti da considerare. Proprio una revisione della regolamentazione dei servizi digitali potrebbe facilitare le interlocuzioni dell'Ue con gli Usa. «Alleggerire la regolamentazione digitale, sovraccaricata oltremodo da Bruxelles, avrebbe il duplice effetto di carta negoziale con Washington e di aiutare le piccole e medie imprese europee, italiane in particolare, penalizzate non poco da queste rigidità, riducendo i costi di compliance e aumentando la loro competitività e redditività», indica Domenico Lombardi, economista e direttore del Policy Observatory della School of Government della Luiss-Guido Carli. Anche se l'Europa riuscirà a negoziare dazi più bassi o dazi zero, vanno calcolati gli effetti indiretti. Il principale, spiega Lombardi, è la possibile invasione di prodotti cinesi a prezzi stracciati se gli Usa manterranno dazi altissimi nei confronti di Pechino, mettendo di fatto in difficoltà i nostri produttori.
Relativamente all'Italia, l'impatto dei dazi stimato dall'Istat è di una perdita economica compresa tra 4 e 7 miliardi, a seconda dell'intensità e della durata delle misure. Nel breve l'Italia può fregiarsi però della qualità del suo export come difesa naturale contro i dazi.
«Tanti prodotti made in Italy hanno bassa elasticità al prezzo e sono resilienti alle cadute di reddito. Questo però fino a un certo limite e quindi acquirenti americani alla lunga andrebbero a spostare le decisioni d'acquisto», ha aggiunto Bella.
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