AAA elettori cercansi nullafacenti aut liberi da impegni prossimo 3 marzo requisiti: grande pazienza, disponibilità max, stomaco de fero, automuniti. Chiedere di «gazebo pd più vicino».
Non è ancora comparso, un annuncio del genere, ma ormai ci siamo quasi. Il partito alla ricerca di se stesso brancola nel buio di una competizione senza charme e senza appeal. E, come nota anche un impietoso Salvini, pure senza simbolo, assodato che lo sbiadito tricolore con le lettere stilizzate non sarà presente sulle schede elettorali abruzzesi, e neppure nella campagna che sta facendo il più accreditato candidato per la segreteria: il fratello di Montalbano (sicuramente più popolare di Nicola Zingaretti, almeno fuori dal Lazio). I sondaggi sono impietosi rispetto alle performance del Pd, ma anche su quello che finora era il fiore all'occhiello della botteguccia: le primarie. Funzionavano bene, tutto sommato, quando erano falsissima celebrazione di giochi già fatti e incoronazione del nuovo capo scelto dai maggiorenti delle correnti. Oggi che la competizione è più che mai vera e aperta, con correnti che si sono sbranate tra di loro, le primarie non attirano più. Un sondaggio Emg Acqua, presentato ieri ad Agorà su Raitre, svelava che il 64 per cento degli elettori del Pd è sicuro di non andare a votare alle primarie (salvo pietosi ripensamenti dell'ultim'ora). Quasi sette elettori su dieci: un dato clamoroso. Il 20%, invece non molla e si recherà ai banchetti. Ci sta pensando il 16%. Per risollevare una china così deprimente il favorito della competizione ha lanciato una «mobilitazione straordinaria» nei giorni successivi a San Valentino, giusto per non confondersi: sarà uno sforzo fatto con il cervello e la paura, non con il cuore. A galvanizzare le truppe (si fa per dire) ieri è stato anche riesumato il Fondatore, Romano Prodi, che in un'intervista ha sostanzialmente detto due cose: che «l'affluenza alle primarie sarà fondamentale» perché è da questo che il nuovo leader prenderà legittamazione e forza e che Zingaretti può diventare il nuovo papino di questa formazione (lui ha ritagliato per sé il ruolo di nonno). Una sorta di endorsement sotto mentite spoglie per il governatore del Lazio, in testa (ma ancora al di sotto del 50%), che però ha fatto infuriare gli altri contendenti. Meglio, uno solo: l'ex reggente Maurizio Martina, che spera in extremis di far convergere su di sé la decina di mohicani renziani.
«Io penso che più che un papà, oggi più che mai ci servano figli: una nuova generazione in campo per combattere questa destra pericolosa...». Non vorremmo scoraggiare il già mesto Martina, ma più ancora che figli servirebbe un'ideuzza. Forse anche mezza.
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