Il grido della Sinagoga: "Da quel giorno per noi la vita è cambiata"

Toccante cerimonia a Milano. La Russa: resa significa sparire. Ma a Torino bruciano le bandiere israeliane

Il grido della Sinagoga: "Da quel giorno per noi la vita è cambiata"
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Il tempio stracolmo, centinaia di persone fuori in fila e - dentro - il ricordo delle vittime del 7 ottobre: gli innocenti uccisi (moltissimi erano ragazzi) e i tanti che ancora restano nelle mani dei terroristi di Hamas.

Milano ha commemorato così un anno dall'attacco che - parole del rabbino capo Alfonso Arbib - ha cambiato per sempre le nostre vite. «Non so dire che cosa sia cambiato in me dopo il 7 ottobre - ha ammesso - certo non sono la stessa persona e la mia vita non è più la stessa».

Nella sinagoga di via Guastalla, in prima fila, il presidente del Senato Ignazio La Russa, il presidente del Copasir Lorenzo Guerini, il ministro Daniela Santanchè, e poco distante il sindaco Giuseppe Sala. Dall'altro lato l'ex primo cittadino Gabriele Albertini e la senatrice a vita Liliana Segre, pochi giorni fa insultata nel corso di una manifestazione di estremisti di sinistra, sedicenti pacifisti, proprio a Milano. «Non potevo mancare» ha commentato la senatrice arrivando al tempio centrale per l'evento «Un anno dal pogrom» accolta da presidente del Memoriale della Shoah Roberto Jarach.

«Liliana sei la guida più importante per me, la guida più importante di Milano»le ha detto Sala, accolto premurosamente e poi abbracciato dal presidente della Comunità, Walker Meghnagi, dopo le contestazioni di alcuni mesi fa, quando un gruppo di ebrei milanesi lo aveva giudicato freddo o ambigua la sua linea. «Malintesi superati» per il presidente. Ed è stato un intervento accorato, quello di Sala, che ha ammonito anche sulla minaccia dell'antisemitismo che, «tanto più se mascherato da antisionismo non deve avere spazio nella nostra città». Guerini ha ricordato gli orrori di Hamas, rivissuti nel corso di una recente visita in un Kibbutz israeliano: «Israele ha il diritto inalienabile di vivere e di difendersi», proprio mentre al corteo di Torino i manifestanti pro-Pal hanno bruciato alcune bandiere di Israele.

Da protagonista, non solo per rango istituzionale, l'intervento di Ignazio La Russa, applauditissimo. Ha parlato a braccio, non ha nascosto il problema che può rappresentare per qualcuno la sua «provenienza politica», quindi ha ricordato la sua antica amicizia personale con il presidente Meghnagi e con i suoi genitori che lo accolsero, come uno di famiglia. E - appunto - da amico degli ebrei, non solo milanesi, ha parlato, avvisando tutti, non solo a sinistra, che la soluzione dei due Stati, la formula così tanto evocata, ha senso a precise condizione: «Dobbiamo lottare perché ci sia veramente un equilibrio in quell'area del mondo, ma perché questo avvenga c'è una precondizione ed è che l'Iran, Hamas, tutti gli Stati arabi riconoscano il diritto di Israele all'esistenza». «Finché c'è chi dice che devono morire tutti gli ebrei, che va debellata la presenza di Israele - ha scandito - sarà impossibile trovare gli elementi per una pace giusta». E la pace giusta «non è una resa». E «la resa è sparire».

Israele e l'Europa. Lo Stato ebraico e la vita degli ebrei in Italia e nel vecchio continente. In un continuo rimando fra gli attacchi in Medioriente e le manifestazioni ostili nelle nostre piazze, sono i due i poli di questa storia tragica. L'odio antiebraico li unisce. «L'ondata di antisemitismo ci ha colto di sorpresa ma i segnali c'erano, non li abbiamo voluto vedere c'erano da anni» ha detto Arbib, rimandando a una definizione di antisemitismo come «malattia mentale ereditaria», che ha radici profonde.

«Dovete tenere duro, state combattendo per la civiltà», l'appello di un altro antico amico della Comunità come Attilio Fontana, mentre il fondatore del Foglio Giuliano Ferrara non ha solo

ricordato le vittime e gli ostaggi, ha celebrato anche i soldati dell'esercito israeliano. «Finché la pace e la giustizia non saranno fatte, va affermata una cosa, che diceva anche Herbert Pagani: mi difendo, dunque sono».

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