Fare in fretta e fare bene. Viene ripetuto come un mantra da analisti e commentatori più o meno esperti di politica, che trovano soprattutto sul web la loro cassa di risonanza. Inutile sottolineare che questa è l'elezione del presidente della Repubblica più social di sempre e che la maggior parte di quelli che sul web si scandalizzano per i nomi che escono dalle "insalatiere" del voto al momento dello scrutinio, e che lamentano la lungaggine del rituale, siano spesso digiuni di storia repubblicana. L'elezione del 13esimo presidente della Repubblica italiana, arrivata al settimo scrutino, non è certo tra le più lunghe, anzi. Così come non sono certo i nomi di Alberto Angela o Dino Zoff quelli più bizzarri.
Giovanni Leone, 23 scrutini
Facciamo un passo indietro e torniamo al 1971. Il 9 dicembre si aprirono i lavori per eleggere il sesto presidente della Repubblica. La maggioranza relativa del parlamento era della Dc, che come candidato propose Amintore Fanfani, presidente del Senato, candidatura invisa a comunisti e socialisti, che proposero Francesco De Martino come alternativa.
La candidatura di Fanfani durò per sei scrutini, durante i quali però non superò mai quella di De Martino per un manciata di voti. Dal quarto scrutinio in poi era necessario raggiungere i 505 voti per l'elezione. La candidatura di De Martino resistette per 22 scrutini e al 22esimo la Dc portò Giovanni Leone, che a causa dei franchi tiratori non raggiunse il quorum per un solo voto. L'elezione avvenne al 23esimo, con le sinistre che sostituirono la candidatura di De Martino con quella di Pietro Nenni per dividere la maggioranza e fermare ancora l'elezione. Le operazioni iniziarono il 9 dicembre e terminarono il 24.
Da segnalare che, durante il sesto scrutino, avvenne uno degli avvenimenti più incredibili della storia repubblicana. La candidatura di Fanfani non era ben vista da alcune correnti interne al suo stesso partito, i franchi tiratori ne hanno impedito l'elezione. Durante l'apertura delle schede, Sandro Pertini prima (in qualità di presidente della Camera) e Amintore Fanfani poi non poterono fare a meno di leggere una delle schede, poi nulla, sulla quale un anonimo grande elettore si prodigò in un lapidario "nano maledetto non sarai mai eletto". Tradizione vuole che quel carteggio fosse indirizzato proprio ad Amintore Fanfani.
Giuseppe Saragat, 21 scrutini
Sette anni prima accadde qualcosa di simile. Il 16 dicembre iniziarono le operazioni di voto per eleggere il quinto presidente della Repubblica. La maggioranza relativa era della Dc, che propose come primo nome quello di Giovanni Leone. Dal Pci arrivò la candidatura di bandiera di Umberto Terracini. Il nome di Leone resistette per 15 votazioni, quello di Terracini per 12, sostituito alla 13esima da Pietro Nenni.
Ala 15esima votazione Giovanni Leone si ritirò ma a quel punto la Dc non poteva più andare da Pietro Nenni, appoggiato dai comunisti, e dal 18esimo scrutinio iniziò a votare Giuseppe Saragat. Comunisti e socialisti continuarono a dare i loro voti a Nenni finché proprio il leader socialista non diede ai suoi indicazione di far confluire i voti su Saragat, che venne eletto al 21esimo scrutinio. Le operazioni iniziarono il 16 dicembre e terminarono il 28.
Sandro Pertini e Oscar Luigi Scalfaro, 16 scrutini
Nel 1978 ci vollero 16 scrutini per eleggere Sandro Pertini. Durante le prime tre votazioni, ognuno dei tre partiti presentò un candidato di bandiera. Al quarto scrutino democristiani, socialisti, socialdemocratici e repubblicani scelsero di astenersi mentre il Pci proseguì su Giorgio Amendola. La prima candidatura per Sandro Pertini arrivò da Bettino Craxi al V scrutinio ma andò a vuoto per le successive votazioni.
Per ben 12 scrutini la maggioranza dei parlamentari, dopo il naufragio delle candidature di bandiera (tranne Amendola) decise di votare scheda bianca o di astenersi. Solo al 16esimo scrutinio la Dc, sotto pressione, decise di convergere su Sandro Pertini. Alla Dc si unirono tutti i partiti del fronte costituzionale e Sandro Pertini ottenne la più ampia maggioranza della storia repubblicana, con l'82,3% dei voti. Le operazioni iniziarono 29 giugno e si conclusero l'8 luglio.
Lo stesso numero di scrutini servì nel 1992 per eleggere il nono presidente della Repubblica italiana. Le prime votazioni videro la presentazione dei candidati di bandiera da parte di tutti i partiti. Al quinto e sesto scrutinio sembrò possibile l'elezione di Arnaldo Forlani ma i franchi tiratori ne impedirono la salita al Colle per poche decine di voti.
Si arrivò a una situazione che perdurò fino al 15esimo scrutinio, quando arrivò la notizia della strage di Capaci e della morte di Giovanni Falcone. A quel punto lo scenario cambiò radicalmente, la pressione sui partiti aumentò e si arrivò a un accordo sul nome di Oscar Luigi Scalfaro alla 16esima votazione. Le operazioni iniziarono il 13 maggio e si conclusione il 25 con 16 scrutini.
I presidenti eletti con un solo scrutinio
Il primo presidente della Repubblica fu Enrico De Nicola, eletto con unica votazione nel 1948.
Per trovare un altro presidente eletto con un'unica votazione bisogna andare al 1985 con Francesco Cossiga. Nel 1999 fu eletto al primo scrutinio anche Carlo Azeglio Ciampi, che è stato finora l'ultimo.
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