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I 4 siti nucleari dell'Iran e quell'attività "frenetica" che ora spaventa il mondo

La produzione di uranio arricchito a velocità sempre più elevate. Potrebbe presto anche raddoppiare

I 4 siti nucleari dell'Iran e quell'attività "frenetica" che ora spaventa il mondo
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Il limitato contrattacco israeliano è un messaggio, che lo Stato ebraico può colpire obiettivi critici del programma nucleare iraniano. Il mini bombardamento con droni nella zona di Isfahan avrebbe interessato proprio l'area di Zerdenjan vicino «alla montagna dell'energia atomica», ha riportato l'agenzia Tasnim, braccio mediatico ufficioso dei Pasdaran.

L'impianto di Isfahan è composto da tre piccoli reattori di ricerca forniti dalla Cina e gestisce altre attività del programma nucleare civile iraniano. Centoventi chilometri più a nord c'è il sito sotterraneo di Natanz, per l'arricchimento dell'uranio, preso ripetutamente di mira dai sabotaggi del Mossad.

I siti principali sono quattro: oltre a Isfahan e Natanz vanno considerati Arak e Fordow. Isfahan è un impianto industriale dove l'uranio è convertito in esafluoruro d'uranio, per poi venire lavorato nel processo di arricchimento che può portare alla bomba. L'arricchimento avviene grazie a migliaia di centrifughe nei siti di Natanz e Fordow, sotto la lente dell'agenzia atomica dell'Onu (Aiea). Se Natanz è sotterraneo, Fordow risulta ancora più protetto, essendo ricavato in una lunga galleria scavata nel fianco di una montagna. I piani per attaccare questi siti con bombe anti bunker che possono penetrare in profondità esistono, ma solo sulla carta. Un bersaglio meno ostico è il reattore al plutonio di Arak. Dal punto di vista simbolico la centrale nucleare di Busher, l'unica iraniana, che nei prossimi anni passerà da 1 reattore a 5 grazie a forniture russe. Durante la guerra con l'Irak, la calotta era stata centrata da un missile, ma con la centrale ancora in costruzione. Busher fa parte del programma atomico civile, non soggetto a particolari restrizioni internazionali e supervisionato dall'Aiea.

Il nodo è l'arricchimento dell'uranio. L'ultimo rapporto Onu di febbraio denuncia «un cambiamento allarmante» secondo il Washington Post. «Gli ispettori hanno assistito a un'attività frenetica - scrive il quotidiano Usa - nuove apparecchiature installate, che producono uranio arricchito a velocità sempre più elevate e un'espansione in corso che potrebbe presto raddoppiare la produzione». Sotto la lente c'è sempre Fordow, che ha raggiunto un livello di arricchimento del 60%. Al 90% gli iraniani saranno in grado di produrre la bomba. L'Iran continua ad assicurare la comunità internazionale di non avere alcuna intenzione di arrivare alle armi nucleari. La stessa guida suprema, Alì Khamenei, aveva emesso una fatwa (editto religioso) nel 2023 contro gli arsenali atomici. E ovviamente Teheran accusa l'Occidente di doppio standard nei confronti degli ordigni nucleari israeliani.

Secondo il Financial Times i Guardiani della rivoluzione hanno esplicitamente ammesso che l'Iran potrebbe rivedere la sua politica nucleare.

Il generale Ahmad Haq Talab, responsabile della sicurezza dei siti atomici, ha affermato che «riconsiderare la dottrina e le politiche nucleari dell'Iran è probabile e immaginabile, se il regime sionista minaccia di attaccare i centri del nostro Paese».

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