I "ma anche" di Gentiloni E la Dc torna a Palazzo Chigi

Welfare, riforme e politica estera: riecco il cerchiobottismo da Prima Repubblica

I "ma anche" di Gentiloni E la Dc torna a Palazzo Chigi

La Dc sbarca a palazzo Chigi. Dalla fine della Prima Repubblica non si ricorda una conferenza stampa così soporifera come quella di Gentiloni. L'attenuante: il premier è tale da una quindicina di giorni e il suo bilancio non può che essere secco come un'acciuga. Gentiloni, tuttavia, conferma il suo amore per la Margherita e le risposte sono un fiume al filtrofiore Bonomelli: un inno alla noia.

Democristianamente, su tutto, dà un colpo al cerchio e uno alla botte: «Il risultato del referendum non si cancella; ma anche il buon lavoro che ha fatto il governo Renzi non si cancella». Tentativo di tenersi buono quello che ha in mano la spina della corrente del suo esecutivo. «Sono stati 15 giorni molti impegnativi; ma anche molto entusiasmanti». Te pareva. L'ultima fatica è stato il decreto salvarisparmio per evitare il crac del Monte dei Paschi: «Abbiamo messo a riparo il risparmio con il decreto legge; ma anche la sua attuazione sarà lunga e complicata». Mieloso pure sulla spinosa questione dei rapporti con Eurotower che ha chiesto di aumentare il capitale Mps per 8,8 miliardi: «È importante che le valutazioni siano condivise, che ci sia dialogo perché è una vicenda che dobbiamo gestire insieme».

Il premier parla e tutti notano la differenza di stile e di toni rispetto al predecessore Fonzie. Ma lui giura di voler navigare in scia: «La rivendicazione di continuità non è un puntiglio: il completamento delle riforme è un'esigenza del Paese. Non abbiamo finito e non abbiamo scherzato». Continuità ma anche no. «Auspico una discontinuità sulla violenza inaudita che il confronto pubblico, in particolare in rete, ha avuto nel 2016». Le priorità, giura il premier, «per me sono lavoro, giovani e sud. Non perché poco si sia fatto ma per la distanza tra gli sforzi intensi del governo e i risultati che dobbiamo raggiungere». Lavoro, giovani e sud «ma anche» il resto. Due minuti dopo: «La nostra priorità? La ricostruzione del post terremoto».

Sì, vabbé; ma in sala si pensa: quanto durerà? Gentiloni fa capire che durerà. Ma anche no. «La stabilità di un Paese a livello internazionale è sempre importante». Frase dopo: «Ma non si può vedere il voto come una minaccia: il governo lavora finché ha la fiducia del Parlamento». Monsieur Lapalisse. Poverino, in realtà tutto dipende dalla legge elettorale che attualmente non c'è. Nessuna autocritica nell'aver imposto l'Italicum a suon di fiducie e con le opposizioni sull'Aventino, un anno e mezzo fa. Ma ora non sarà il premier ad azionare il timer della bomba sotto la sua poltrona: di legge elettorale se ne occupi il Parlamento. «Non faremo una proposta del governo. Penso sia anche adeguato al clima del Paese che la legge elettorale venga da un confronto tra le forze parlamentari. Ovviamente questo clima il governo cercherà di agevolarlo e, nel caso si vada troppo per le lunghe, non mancherà di ricordarne l'importanza».

Il Jobs Act? «Un'ottima riforma». Ma anche no: «Dobbiamo correggere e cambiare. Nei famosi voucher, per esempio, senza accedere all'idea che questi siano una specie di virus che semina lavoro nero nella nostra società. Abbiamo visto che ci sono anche cose che non funzionano, eccessi o settori in cui l'uso dei voucher va limitato». Solo su una cosa il premier è chiaro e netto; non farà l'unica cosa che serve: abbassare le tasse: «Non sono in grado di fare un discorso serio oggi sulla riduzione dell'Irpef». Olè.

In politica estera, stessa solfa in stile piazza del Gesù: con Israele ma anche con i palestinesi; con gli Stati Uniti ma anche con la Russia. «La strada per risolvere la questione mediorientale è quella dei due Stati ma la politica degli insediamenti non la favoriscono».

E con Putin? «Imposteremo relazioni diverse con la Russia. È sbagliato un ritorno a logiche da Guerra Fredda che non hanno senso oggi». Quindi altolà alle sanzioni? Boh. Si sa solo che «i rapporti con gli Usa restano saldi, ci sono cose che non cambiano». Come la Dc.

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