Prove tecniche per l'unità del centrodestra. Ma le primarie, per Berlusconi, restano un tabù. Alle 18 di sera di ieri, al teatro Adriano di piazza di Pietra, sembrava di essere tornati indietro di quasi dieci anni. Allora esisteva il Pdl e gli oratori di ieri sera stavano tutti insieme sotto il sole caldo di Berlusconi. C'è Altero Matteoli, ex An, ora forzista convinto, organizzatore del summit. C'è Mario Mauro, anche lui ex berlusconiano, poi infatuatosi di Monti e di Scelta Civica e quindi fondatore dei Popolari per l'Italia (centristi antirenziani). C'è pure Gaetano Quagliariello, passato forzista, quindi fondatore di Ncd fino a quando ha sbattuto la porta in faccia ad Alfano accusandolo di essere troppo di sinistra, e da ultimo padre di Idea. Al vertice non manca neppure Raffaele Fitto, berlusconianissimo fino a due anni fa quando, in polemica aspra con il Cavaliere, se ne andò fondando i Conservatori e riformisti. Accanto a loro Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia. Nel 2009 stavano tutti insieme sotto la bandiera del Popolo delle libertà. Non c'è Alfano, l'ex delfino, che annuncia l'eutanasia di Ncd: «Il 18 marzo Ncd chiude, vogliamo dare una casa ai moderati ma senza Salvini». Insomma, ora ognuno guida la propria vettura ma tutti vorrebbero andare nella stessa direzione: quella opposta al Pd. Ergo: perché non metterci insieme e tornare a palazzo Chigi dall'ingresso principale?
Assieme a tutti questi ex pidielle c'è anche il Carroccio. Ci sarebbe stato pure Salvini ma, causa impegni a Bruxelles, il leader ha mandato il fidato capogruppo alla Camera, Massimiliano Fedriga. Insomma, il centrodestra pare fare uno sforzo per rimettersi insieme. Encomiabile visto che gli elettori questo chiedono. Peccato che il titolo del convegno, organizzato proprio da un senatore di Forza Italia, venga praticamente disertato proprio da Forza Italia. «Verso le primarie del centrodestra?», è il tema di giornata. Una parola, «primarie», che fa venire l'orticaria a Berlusconi. Matteoli, ai cronisti, non perde la flemma toscana: «Ma io ho messo il punto interrogativo, mica esclamativo». Ci tiene a precisare che anche a lui, come a Berlusconi, le primarie «non garbano affatto». E ancora: «La mia iniziativa ha un solo obiettivo: mettere attorno allo stesso tavolo tutti coloro che possono ridare vita al centrodestra, perché noi abbiamo vinto quando il centrodestra era unito. E io auspico che si possa tornare uniti. Stop».
Di fatto, però, dei big forzisti non si fa vedere nessuno. Non ci sono i capigruppo di Camera e Senato, Brunetta e Romani. Non ci sono i parlamentari azzurri più noti. C'è, questo sì, Giovanni Toti, governatore ligure dal rapporto privilegiato con il Carroccio. Toti smussa anche se in passato ha già detto di non demonizzarle: «Le primarie per scegliere un capo, senza che ci sia un contenitore a cui fare riferimento, mi sembra un esercizio piuttosto chiuso». Tutti fanno uno sforzo per stare uniti. «Siamo molto meno divisi del 1994», giura per esempio Quagliariello. Ma la questione della leadership è un tema che necessariamente divide. E che, soprattutto, non appassiona Arcore.
Il mantra del Cavaliere è questo: «Dipende tutto dalla legge elettorale. E siccome probabilmente sarà proporzionale, il leader della coalizione lo farà il partito che prende più voti. Quindi io con la mia Forza Italia».
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