I brindisi al Cremlino rischiano di essere amari

Magari avranno ragione loro i vari Dmitry che albergano al Cremlino, da Medvedev a Peskov, quando rimarcano che le elezioni europee hanno dato una brutta botta ai sostenitori di Kiev

I brindisi al Cremlino rischiano di essere amari
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Magari avranno ragione loro i vari Dmitry che albergano al Cremlino, da Medvedev a Peskov, quando rimarcano che le elezioni europee hanno dato una brutta botta ai sostenitori di Kiev.

Sarà, ma quei toni troppo enfatici, troppo sicuri seguendo lo stile della dezinformatsiya sovietica, sembrano nascondere una delusione. Certo due campioni della lotta a Putin come il presidente francese Macron e il cancelliere tedesco Scholz per la sconfitta elettorale sono a rischio nei loro Paesi. E ancora ci sono pezzi dell'estrema destra europea premiati dalle elezioni che fanno l'occhiolino allo Zar. Ma intanto al G7 sembra maturare l'accordo per l'utilizzo dei profitti degli asset russi congelati in Europa in favore dell'Ucraina e si immagina di affidare la difesa del cielo di Kiev agli europei. Ancora: Ursula von Der Leyen, altro personaggio che si è speso oltremodo per la causa Ucraina, continua ad essere la favorita nella scelta del prossimo Presidente della Commissione. E ci sono soggetti della destra che pur non condividendo la riconferma dell'alleanza tra popolari, socialisti e liberali, sono disposti a perseverare nell'alleanza con Kiev. Prima fra tutti proprio Georgia Meloni che grazie all'appoggio dato a tutti gli interventi della Ue in favore dell'Ucraina si è legittimata sul piano internazionale, sia a Washington, sia a Bruxelles. Probabilmente proprio il sostegno militare all'Ucraina, come avvenne al tempo dell'insediamento del suo governo, sarà l'argomento che favorirà le relazioni tra la Meloni e la maggioranza di Ursula von Der Leyen nella nuova legislatura che si apre al Parlamento di Strasburgo: il Premier italiano probabilmente non entrerà in maggioranza ma voterà per il Presidente della Commissione e il tema ucraino sarà cruciale per sviluppare una collaborazione su posizioni distinte con i vertici Ue. Del resto tra il nuovo patto di stabilità, i miliardi del Pnrr ci sono troppi capitoli nevralgici per Palazzo Chigi a sconsigliare la politica del disimpegno.

E nell'ottica di far pesare su altri dossier l'autorevolezza che gli deriva dal fatto di essere uno dei pochi governi ad aver avuto un successo nelle elezioni europee, il governo italiano deve confermare la linea tenuta finora su Kiev: non potrebbe giustificare un cambio di linea in una fase determinante per l'esito del conflitto.

Inoltre sull'argomento la Meloni potrebbe esercitare un ruolo di raccordo tra la maggioranza della von Der Leyen e quel pezzo di destra che si appresta a ricoprire un ruolo chiave in Francia, cioè la formazione guidata da Marine Le Pen. Se Rassemblement National andrà al governo vincendo le elezioni di fine mese anche la Le Pen dovrà legittimarsi a livello internazionale un pò come è avvenuto alla Meloni. E non è detto che non segua la stessa linea, la stessa filosofia: del resto se vuole rassicurare Washington, le altre capitali europee, la Nato e magari mettere in piedi una sorta di coabitazione con Macron all'Eliseo (il presidente per ora non ha intenzione di dimettersi neppure in caso di sconfitta) non può certo sposare posizioni filo-Putin. Se così sarà le due leader di destra si diversificheranno dalle altre anime della destra europea, quelle che a volte assumono posizioni ambigue verso il Cremlino.

Tutto questo per dire che anche se la corte di Putin ha cercato in tutti i modi di comunicare al mondo la propria

soddisfazione per il risultato delle europee, anche se da Mosca arrivano dichiarazioni altisonanti e ironie nei confronti di chi si è speso per l'appoggio a Kiev, è probabile che alla fine quei brindisi si riveleranno amari.

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