E come la mettiamo ora che ad attaccare è l'Iran? Gli studenti universitari chiederanno di interrompere le collaborazioni con le università di Teheran come hanno fatto con quelle israeliane?
Gli atenei italiani hanno siglato 188 accordi con gli ayatollah iraniani. In particolar modo, due università che hanno chiuso i ponti con Israele - cioè Torino e Bari - con l'Iran hanno in ballo il doppio dei contratti di ricerca: rispettivamente 16 e 14 su svariati settori, dall'agricoltura alle biotecnologie, dalla medicina alla fisica nucleare. Ma gli studenti tacciono.
«Non vogliamo avere a che fare con la filiera bellica», «Boicottiamo Israele», «Non siamo complici del genocidio» avevano protestato fino a pochi giorni fa gli estremisti di «Cambiare Rotta», il movimento comunista che ha sobillato le manifestazioni in piazza pro Gaza. E via ad attaccare università, progetti di ricerca e collaborazioni con Tel Aviv. Muti invece sui rapporti con le dittature e sulle collaborazioni con Cina, Russia, Turchia, Corea del Nord, Afghanistan (dove all'università le donne non possono nemmeno entrarci). E Iran. Una distinzione anomala, miope, imboccata, che stride ancora di più ora. Zitti anche i docenti.
Eppure è proprio l'Iran che, secondo un rapporto di Amnesty International, ha intensificato l'uso della pena di morte uccidendo 853 persone nel 2023. È proprio l'Iran il paese in cui sono stati licenziati 110 docenti universitari, coinvolti nelle proteste contro la sharia islamica, in particolare per quanto riguarda la posizione delle donne. È l'Iran il luogo dove l'esercito ha fatto fuoco sugli studenti universitari mentre manifestavano. Evidentemente chi fino a pochi giorni fa non voleva «essere complice del genocidio», ha la memoria corta. E, giusto per la cronaca: nella classifica mondiale che misura il livello di libertà accademica nelle università, Israele è al 17esimo posto. L'Iran al 160esimo. Strano filtro hanno, per protestare, certi studenti e certi rettori. Ai quali forse sfuggono alcune dinamiche: è di pochi giorni fa la notizia della nomina a rettore dell'università di Haifa, Israele, della professoressa Mona Maroun. Altro che apartheid. È la prima donna arabo-israeliana a ricoprire un incarico così prestigioso. La neorettrice è una scienziata di fama mondiale nel campo delle neuroscienze.
E dimostra una cosa su tutte: l'università non scende in guerra, la ricerca non soffoca sotto le bandiere, figuriamoci se si fa imbrigliare da quelle della politichetta di
piazza italiana. Anzi, il fatto che le collaborazioni universitarie continuino al di là dei regimi, delle guerre e degli schieramenti, è fondamentale perché sia libera e indipendente. Altrimenti perdiamo veramente tutti.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.