
Da oggi l'intelligenza artificiale siete voi. Sì, voi, utenti di Mark Zuckerberg, ovvero di Facebook, WhatsApp e Messenger. Ovvero noi, diciamolo, perché nessuno ormai può nascondersi e far finta di niente. Insomma Meta, dopo una procedura durata un anno per controllare che tutto si fatto nel rispetto della privacy - iter di cui il buon Mark si è pure in po' lamentato via comunicato («Ci rammarichiamo che siano trascorsi quasi dodici mesi prima di giungere a questo punto. Accogliamo con favore la chiarezza offerta sia dalla Irish Data Protection Commission che dallo European Data Protection Board che ha reso possibile questo importante passo avanti») prenderà tutte le nostre conversazioni sia via app che mail per allenare la sua IA. Che poi è quel tondino ammiccante che da qualche settimana è stato aggiunto ai servizi social e di cui molti si sono chiesti il perché. Eccolo.
E dunque ci siamo arrivati, diventati addestratori a nostra insaputa. O meglio, in realtà per evitare di farlo dovremmo compiere un'operazione al contrario, cioè non dare il consenso ma invece compilare un modulo per toglierlo. Un vero invito a dimenticarselo. Meta, comunque, chiarisce che i contenuti coinvolti nel training saranno solo quelli resi pubblici, come i post visibili a tutti o condivisi nei gruppi. Informazioni private e post visibili solo agli amici resteranno esclusi, così come i dati degli utenti minorenni. Alcuni elementi del profilo, però, come l'immagine o il nome utente, saranno sempre pubblici e accessibili. In pratica, un guazzabuglio che inizierà bontà loro - solo dopo che tutti gli utenti saranno stati informati, rispettando un periodo di transizione. E che coinvolgerà, naturalmente, le interazioni che avremo col tondino di cui sopra, che verranno utilizzate per perfezionare l'algoritmo. Con un'unica eccezione, però (aribontà loro): quelle di WhatsApp.
E allora prepariamoci, tanto la rivoluzione tecnologica è inesorabile. Eppoi non possiamo lamentarci più di tanto: chi ha riempito i social di foto private, immagini dei propri figli in ogni dove, album di viaggi che hanno lo stesso effetto di una chiave messa sotto lo zerbino quando la casa resta vuota, ora non può più gridare allo scandalo. Ce lo siamo meritati, ammettiamolo, e ringraziamo Meta quando dice che l'operazione serve ad aiutare l'IA a «comprendere meglio lingue e storie locali» del nostro continente. L'obbiettivo è quindi un'intelligenza artificiale meno yankee. O più semplicemente che abbia a disposizione dati più realistici ora che il web è stato scandagliato tutto.
Questo alla fine vuol dire che siamo tecnologicamente spacciati (o più che altro complici), anche se per Meta stanno nel frattempo per cominciare le otto settimane più complicate della sua esistenza: comincia infatti il processo in cui un tribunale di Washington dovrà decidere se Zuckerberg, comprando Instagram nel 2012 e WahtsApp nel 2014, abbia voluto eliminare la concorrenza nei confronti di Facebook. Se avesse ragione la Federal Trade Commission, l'azienda sarebbe costretta a vendere i due social, ma anche qui c'è un inghippo, visto che dal momento in cui l'accusa è stata presentata (2020) l'ente antitrust americano ha cambiato direttore.
Andrew Ferguson, che è stato nominato da Trump di cui Zuckerberg è diventato nel frattempo grande amico, è già passato da un «siamo impazienti di cominciare la causa» a un «se il Presidente mi chiedesse di archiviare le accuse obbedirei». E quindi la verità è che si potrebbe far decidere il tutto direttamente a un chatbot: almeno potrebbe dire di averci chiesto un parere.
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