Il «partito draghiano» rompe gli indugi e lavora a una maggioranza in Parlamento che approvi, prima della fine della legislatura, una legge elettorale proporzionale. A quanto risulta al Giornale nelle ultime ore si registra un'improvvisa accelerazione: i contatti tra Luca Lotti (Pd), Vincenzo Spadafora(M55) ed Ettore Rosato (Italia Viva) sarebbero ripresi con cadenza quotidiana. C'è già un'ipotesi di road map: dopo le elezioni comunali si aprirà una finestra parlamentare, dal mese di luglio a ottobre, per tentare di cambiare la legge elettorale, introducendo un modello proporzionale. Un arco di tempo ristretto per chiudere la partita. Al netto delle dichiarazioni pubbliche, stavolta a muoversi è il partito di Draghi: un partito trasversale, silenzioso, che ha le sue pedine in tutte le forze politiche. Dal Pd di Letta alla Lega di Zaia e Giorgetti.
Il partito di Draghi punta anche a un secondo obiettivo: la riproposizione di un esecutivo di unità nazionale anche per i prossimi cinque anni. E per la poltrona di Palazzo Chigi c'è, ovviamente, Draghi. Ma se il premier avesse in mente altri progetti (la poltrona di segretario generale della Nato) è pronta la carta Casini. La prima partita si gioca però sulla legge elettorale. E qui il partito draghiano deve muoversi con tutte le truppe, sparse nei vari partiti. I draghiani si muovono anche contro la linea ufficiale del partito di riferimento. È il caso di Lega e Forza Italia: le due forze politiche sono ufficialmente schierate per il maggioritario. Tra gli azzurri, i ministri Renato Brunetta e Mara Carfagna sono favorevoli al ritorno al proporzionale. Il ministro del Sud con una posizione più timida. Brunetta si è già spinto oltre con intervista pubblica. Nella Lega, il dossier legge elettorale è nelle mani di Roberto Calderoli e Matteo Salvini. Però all'ombra del Carroccio salviniano si muove il movimento draghiano che ha nel ministro Giancarlo Giorgetti la punta di diamante e nei governatori Luca Zaia e Massimiliano Fedriga i due alfieri. Discorso a parte merita il M5s. Il capo politico Giuseppe Conte vuole il proporzionale per smarcarsi dall'abbraccio con il Pd. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, inizialmente scettico sull'ipotesi di un ritorno al proporzionale, pare abbia cambiato idea. La conferma arriva dai movimenti del suo fido Spadafora in costante contatto con Lotti e Rosato. Il più timido verso un ritorno al proporzionale sembra proprio il leader di Italia Viva. L'ex premier giudica complicata l'operazione. Ma soprattutto sostiene che con l'attuale sistema elettorale (Rosatellum) Italia Viva e un eventuale contenitore di centro possano risultare determinanti per la nascita di un esecutivo nella prossima legislatura. Qualora né il centrodestra né i giallorossi raggiungessero la maggioranza. Nel Pd il partito draghiano è ben rappresentato: dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini all'ex capogruppo Andrea Marcucci. Letta si è ormai convinto della svolta proporzionalista.
I draghiani lavorano anche a un secondo obiettivo: la riconferma dell'attuale
premier a Palazzo Chigi. E se Draghi dovesse optare per altri lidi (si ipotizza la poltrona di segretario generale della Nato)? C'è Pier Ferdinando Casini: un nome che ha già la benedizione di Washington. Operazione blindata.
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