Droni su Mosca. Forse la controffensiva ucraina sta fallendo, come faceva notare domenica Vladimir Putin al vassallo bielorusso Alexander Lukashenko, ma di certo il fatto che Kiev riesca a fare arrivare le sue bombe sulla capitale dell'impero russo non sembrerebbe una manifestazione di difficoltà da parte delle forze armate di Zelensky.
Droni su Mosca, quindi. Uno è caduto su Komsomolsky Prospekt, vicino al ministero della Difesa russo, mentre un altro ha colpito un centro commerciale in via Likhacheva vicino a una delle principali tangenziali di Mosca. Nessun morto, nessun ferito, i due droni secondo Mosca sono stati «soppressi», ma cieca è la rabbia del Cremlino per la spavalderia di un nemico che loro speravano di aver sotto il proprio tallone e che invece si permette di colpirli al cuore. Di «atto terroristico da parte del regime di Kiev» parla una nota del ministero della Difesa russo mentre l'intelligence militare ucraina rivendica al Kyiv Post il blitz come «prova che il regime di Putin non è in grado di controllare completamente il cielo, neanche per la protezione delle sue strutture più importanti». «Questi attacchi continueranno e aumenteranno di portata», ha promesso Andriy Yusov, portavoce dell'intelligence militare. I russi però continuano (o fingono di continuare) a crederci. «L'operazione militare speciale è in corso, continuerà e i suoi obiettivi devono essere raggiunti», ha detto il portavoce di Putin, Dmitri Peskov.
Di certo gli ucraini ci stanno prendendo gusto. Grazie al corposo aiuto occidentale se la stanno giocando alla pari con i russi e ci tengono a farlo sapere. Ieri il viceministro della Difesa Hanna Malyar alla tv ucraina ha detto che sono stati liberati dall'occupazione russa 16 km quadrati di territorio in una sola settimana e che «le truppe ucraine continuano a condurre operazioni offensive in diverse aree verso Melitopol e Berdiansk e in direzione Bakhmut».
Naturalmente l'armata putiniana non sta con le mani in mano. Ieri la Russia ha attaccato con droni iraniani infrastrutture di stoccaggio del grano nei porti fluviali di Reni e Izmail sul Danubio, al confine tra l'oblast di Odessa e la Romania, ferendo quattro persone. Si tratta della rotta terrestre per l'esportazione di cereali ucraini che, dopo il ritiro russo dall'accordo per il passaggio sicuro nel mar Nero, è diventata cruciale anche se assai più costosa e attraverso la quale sono passate nell'ultimo anno 2 milioni di tonnellate di grano contro le 600mila dell'anno precedente. Da Bucarest il presidente Klaus Yohannis sembra allarmato e condanna quello che secondo i media romeni è l'attacco più vicino al territorio della Romania dall'inizio dell'invasione russa dell'Ucraina. Reni si trova infatti a circa 200 metri dal territorio romeno oltre il Danubio e a 10 km dalla città portuale romena di Galati. Tre droni su 15 coinvolti nell'attacco sono stati distrutti dalle difese aeree ucraine, gli altri hanno distrutto un hangar e dei silos di stoccaggio del grano.
Un altro giornalista è stato ferito. Si tratta del libanese-americanoDylan Collins, 35 anni, colpito dalle schegge di un drone mentre lavorava a un servizio per l'Afp nei pressi di Bakhmut. L'uomo ha riportato diverse ferite ma non sarebbe in pericolo di vita. Da chiarire le circostanze dell'esplosione.
E Peskov ieri è tornato anche sull'attacco con le bombe a grappolo che sabato ha provocato la morte di un reporter di Ria Novosti Rostislav Zhuravlev e ferito altri tre giornalisti e fotografi anche dell'Izvestia, parlando di «attacco deliberato ai giornalisti e, naturalmente, la responsabilità di ciò ricade sul regime di Kiev».
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