Ora anche l'accusa di islamofobia. Mentre Boris Johnson è sulla via del patibolo per il partygate, che potrebbe rivelarsi la sua condanna a morte politica, a infierire contro il premier inglese arriva anche la sua ex sottosegretaria ai Trasporti. La deputata conservatrice Nusrat Ghani, guarda caso, è anche vicepresidente del Comitato 1922, l'organismo del Partito Conservatore, che è composto da deputati senza ruoli di governo ma con il potere di avviare un voto di sfiducia al leader e primo ministro, ormai nell'aria da diversi giorni e già chiesto da una decina di parlamentari e promesso da altri 10 (in tutto ne servono 54). Ghani, 49 anni, nata nel 1972 nel Kashmir pachistano ma cresciuta a Birmingham, denuncia di essere stata rimossa dal suo incarico, nel rimpasto del febbraio 2020, perché musulmana, nonostante fosse diventata un simbolo di rinnovamento, quando nel 2015 diventò la prima deputata di fede islamica eletta nelle file dei Tories. A causare il suo «licenziamento» sarebbe stato proprio l'essere musulmana, circostanza che «metteva in imbarazzo i colleghi» e riferita da un funzionario di partito, che avrebbe riportato parole del capogruppo dei Tory alla Camera dei Comuni, Mark Spencer. Il diretto interessato rigetta le accuse come «totalmente false». E chiede a Ghani perché non abbia avviato una contestazione formale al partito, come le era stato consigliato da Johnson quando lei lo aveva incontrato e aveva denunciato. Ma Mrs Ghani insiste: «Fui io a chiedere a Johnson di avviare un'inchiesta». Ma nulla è mai successo.
Le accuse di Ghani complicano una settimana cruciale per il destino di BoJo. Oggi il suo nemico numero uno, l'ex braccio destro e consulente politico, Dominic Cummings, vedrà la temuta Sue Gray, l'alta funzionaria che entro la fine della settimana trarrà le conclusioni dell'inchiesta sulle feste di governo durante i lockdown. Boris spera di cavarsela, pronto a sventolare il successo della fine delle restrizioni anti-Covid che fa del Regno Unito il primo Paese a uscire dall'ondata Omicron per «convivere» con il virus. Ma le cose potrebbero mettersi male per BoJo. Cummings dal suo blog ha raccontato di aver avvisato lui stesso il premier che i party avrebbero potuto violare le regole e di essere pronto a ripeterlo sotto giuramento, mentre Johnson sostiene di essere convinto di aver partecipato a «riunioni di lavoro».
Ecco perché le accuse di Lady Ghani sono guai che si aggiungono a guai e trasformano le prossime ore in una via crucis per il primo ministro. Due ministri musulmani del governo, Sajid Javid alla Salute e Nadhim Zahawi all'Istruzione, chiedono un'inchiesta indipendente. La deputata denuncia di essere stata avvertita che se avesse continuato a sollevare la questione, sarebbe stata «ostracizzata» dai colleghi e la sua «carriera e reputazione distrutte».
L'accusa fa il paio con le denunce di minacce ad altri deputati conservatori, che raccontano di essere stati avvicinati da colleghi e intimiditi con richieste di lealtà, per evitare un voto di sfiducia al premier. In settimana il deputato Tory, William Wragg, tra gli accusatori, incontrerà i detective di Scotland Yard. C'è il rischio che la polizia apra un'inchiesta sulle minacce.
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