I governatori tentati dal fondo. E i leghisti spingono per il sì

Tra i presidenti dei centrodestra prevale il pragmatismo. Le aperture di Fontana, Zaia e Toti

I governatori tentati dal fondo. E i leghisti spingono per il sì

Sul tema Mes c'è una grossa differenza nella Lega tra la linea del leader Salvini e quella dei governatori, alle prese con i bilancio della sanità stravolti dall'emergenza Covid19. I 37 miliardi prestati dall'Europa per finanziare le spese sanitarie (dirette e indirette) farebbero comodo eccome agli amministratori perciò, nonostante la fedeltà piena al segretario federale, pure tra i presidenti leghisti ci sono delle aperture possibiliste, con toni molto diversi da quelli di Salvini secondo cui il prestito Ue «è un pericolo per i nostri figli». Dai governatori non arriva invece un rifiuto a priori, tutto semmai dipende da cosa comporti l'accettazione dell'accordo. «Bisogna vedere quali sono le condizioni: se non ci sono condizioni, e ribadisco questo se, nessuno si può lamentare se vengono date delle risorse» dice Attilio Fontana, presidente della Regione Lombardia, leghista. Un approccio pragmatico che è comune a molti altri presidenti della Lega. Massimiliano Fedriga, governatore del Friuli Venezia Giulia, vuole più chiarezza ma senza chiudere la porta al Mes: «Io non parlerei di trappola: oggettivamente però mi sembra che certezze non ce ne siano. E ho paura che all'interno di questa poca chiarezza si possa nascondere una fregatura». Sembra che anche Luca Zaia condivida un atteggiamento realista, il suo problema però è non alimentare l'idea di uno scontro al vertice per la leadership nella Lega, quindi il «Doge» sta ben attento a non invadere il campo del segretario sostenendo una linea diversa sul Mes. Zaia resta quindi molto prudente: «Non dobbiamo decidere noi. È una partita del governo. Ci sembra di capire che abbia condizionalità e vincoli. Ho visto che faranno una discussione in Parlamento, quindi ne capiremo ancora di più». Le diverse sensibilità sul Mes rispecchiano una linea di frattura che attraversa tutta la Lega, da una parte l'ala più euroscettica con Borghi e Bagnai, dall'altra quella più moderata impersonata da Giancarlo Giorgetti, numero due del partito.

La posizione dei governatori di centrodestra è riassumibile nel pragmatismo di Giovanni Toti, presidente delle Liguria: «Al mio paese si dice piuttosto che niente, meglio piuttosto, io sono per prenderlo il Mes», a condizione però che i miliardi messi così a disposizione siano spendibili in tempi ragionevoli, «nei prossimi 12-24 mesi», senza finire nelle sabbie mobili burocratiche, «chiedo al governo e al Parlamento di accettare il Mes accanto ad una legge che ci consenta di spenderlo» aggiunge quindi Toti. Posizione simile a quella del presidente del Piemonte, Alberto Cirio (Forza Italia).

Ma anche i ragionamenti che arrivano dai governatori di sinistra non sono differenti. «Dall'Europa mi aspetto davvero che vengano messe a disposizione risorse senza condizionalità.

Se ci danno risorse senza condizionalità io le avrei prese ieri, non domani, perchè ne abbiamo bisogno a partire dalla sanità» dice il presidente dell'Emilia Romagna, Stefano Bonaccini (Pd), così come per Vincenzo De Luca, presidente dem della Campania, il problema non è se accettare o no il Mes, ma solo sul fatto che «non ci chiedano interessi su questi fondi, e che il rimborso sia dilazionato nel lungo termine. Altre cose mi sembrano cervellotiche o imbarazzanti dal punto di vista della non plausibilità». Scontato il sì del presidente della Regione Lazio, Nicola Zigaretti, leader del Pd.

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