Sicuramente sono cambiati, ma, seppur sottotraccia, resiste la sacca di un M5s originario, riluttante ad uniformarsi alla linea europeista e filo atlantica della dirigenza del partito. Così mentre Giuseppe Conte incontra all'ambasciata americana a Roma l'incaricato d'affari Thomas Smitham e posta la foto sui suoi social, nelle chat pentastellate cresce il dissenso sull'opportunità di invitare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky per una video call nell'Aula di Montecitorio. Insieme alle autorità ucraine ci sta lavorando proprio il presidente della Camera Roberto Fico, uno degli esponenti storici dei Cinque stelle. In una chat - visionata dall'Adnkronos - si leggono commenti come questo di una parlamentare grillina: «A chi può venire in mente che ora Zelensky deve parlare al Parlamento di un Paese che non è coinvolto direttamente nella guerra? Ma che senso ha? Ha cose ben più importanti da fare». Il presidente ucraino, intervenuto già all'Europarlamento e alla Camera dei comuni inglese, non è ben accetto da un drappello di stellati. Una deputata del M5s osserva: «È davvero insensata questa sovraesposizione del Parlamento italiano» e attacca: «Poi se facciamo parlare Letta ciao, andiamo in guerra domani». Dal Pd un deputato, parlando con Il Giornale, replica senza mezzi termini: «Il dilettantismo porta alla scorciatoia dell'ideologia, purtroppo quella poco nobile e senza storia del qualunquismo». E c'è chi giura che anche il grosso del M5s non condivida queste posizioni. «Sono quattro gatti, parlamentari a caso che hanno voluto fare uscire questa roba», dice un deputato grillino. Eppure un suo collega a Montecitorio - annoverato tra i no pass - se la prende direttamente con Fico: «Zelensky verrà a chiedere di fare una guerra mondiale e noi applaudiremo. Dopo il super green pass per i parlamentari, un altro modo per farsi ricordare come il peggior presidente della Camera della storia repubblicana».
Insomma, anche se i più esagitati sembrano una minoranza, nel gruppo fioriscono i distinguo. Soprattutto nei confronti dell'alleato Enrico Letta, sul quale da giorni, a mezza bocca, spuntano alcune accuse di essere guerrafondaio. Un bel cambio di passo, perfino per un Movimento che si è trasformato e ha abbandonato da qualche tempo le simpatie rivendicate per la Russia o l'innamoramento per la Cina. E pure nello stesso Pd, una settimana fa, si era registrato il controcanto felpato dell'ex deputato e membro della Direzione nazionale, che aveva invitato il Parlamento a vigilare sulle armi consegnate all'Ucraina, salvo poi precisare che «non si negano aiuti militari» perché «un popolo aggredito non può essere lasciato solo».
Ma la rappresentazione plastica delle differenze tra i giallorossi ci è offerta anche dalla partecipazione a due diverse manifestazioni in programma sabato. Letta sarà a Firenze alle 15 a una piazza organizzata dal sindaco dem Dario Nardella insieme ad Azione di Carlo Calenda, Italia viva di Matteo Renzi e Articolo Uno di Roberto Speranza. Conte invece alle 12 sarà a Napoli dal sindaco «amico» Gaetano Manfredi. Fonti del Nazareno però sottolineano come i sit-in siano stati iniziativa entrambi del circuito Eurocities di cui fanno parte entrambi i sindaci.
Intanto ieri è cominciata la votazione su SkyVote sullo Statuto del M5s e oggi gli iscritti saranno chiamati in seconda convocazione.
Dopo lo stop dei giudici di Napoli e il rigetto del ricorso degli avvocati di Conte sulla sospensione, il leader decide di andare avanti e mette al voto lo stesso testo bocciato dai giudici con le modifiche utili per percepire il 2x1000. L'ex premier evoca «un bagno di democrazia» ma l'avvocato dei ricorrenti Lorenzo Borrè ha già annunciato una nuova impugnazione di quest'ultima votazione.
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