Alla sua prima prova da leader di partito, Giuseppe Conte appare impantanato nel caos interno ai Cinque Stelle, incapace di dare risposte al governo sulla riforma della giustizia, e assediato da ogni lato dalla maggioranza.
La confusione è tale che ieri l'ex premier ha prima fatto trapelare (attraverso il Fatto quotidiano, che tenta di tirarlo sulla linea oltranzista) di essere pronto a negare la fiducia, uscendo sostanzialmente dal governo. Poi, di fronte alla rivolta interna delle truppe «moderate» dei pentastellate, che a lasciare il governo non ci pensano proprio (persino Carlo Sibilia (nella foto) si smarca: «Basta alzare i toni, tutti vogliamo tempi certi per i processi»), è stato costretto ad una brusca retromarcia, assicurando che lui «lavora per una mediazione» e smentendo le frasi a lui attribuite sulla sfiducia. Nei prossimi giorni, assicura, «vedrò gli eletti M5s» (divisi in gruppetti per non essere costretto a fronteggiarli tutti insieme e dover prendere atto della spaccatura interna), e cercare ancora una composizione
Il premier Draghi però è stato chiaro: aperti a piccole correzioni, ma senza stravolgere l'impianto della riforma che va comunque approvata, con fiducia (che farà decadere tutti gli emendamenti) prima della pausa estiva. E la maggioranza fa quadrato attorno al governo. «Non c'è nessuna ulteriore mediazione da trovare, la sintesi la hanno già fatta Draghi e Cartabia», dice da Italia viva Ettore Rosato. Mentre Renzi incalza il Pd: «Decida cosa fare, se inseguire l'irresponsabilità di Conte o scegliere Draghi». Il capogruppo di Fi Occhiuto è altrettanto netto: «Se qualcuno nella maggioranza prova a riversare in questa partita le sue tensioni interne, si assume una grave responsabilità. Conte se vuol essere leader si dimostri all'altezza e si comporti di conseguenza».
Anche il segretario dem Enrico Letta cerca - morbidamente - di mettere gli alleati grillini con le spalle al muro:
«Sono fiducioso che la maggioranza sarà unita nel voto. L'importante è che la riforma sia approvata prima della pausa estiva per dimostrare all'Europa che le risorse che riceveremo sono collegate ad un impegno riformatore».
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