I leader ai seggi, ultimi colpi e sorrisi. Meloni: "Si decidono i prossimi 5 anni"

Il centrodestra vuole la consacrazione. Tajani rassicurante nella "sua" Fiuggi. La premier al mercato: "Ciliegie Giorgia". E Salvini: "Una decima sulla scheda"

I leader ai seggi, ultimi colpi e sorrisi. Meloni: "Si decidono i prossimi 5 anni"
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È il giorno in cui i leader svestono i panni istituzionali, si trasformano in comuni cittadini per esercitare il diritto di voto. Quasi tutti i politici di primo piano decidono di recarsi al seggio nel primo pomeriggio. Chi sceglie di entrare nella cabina pochi minuti dopo l'apertura delle operazioni di voto, fissata alle 15, è Giorgia Meloni. Nessuna dichiarazione ai cronisti - «c'è il silenzio elettorale», ricorda entrando nel seggio elettorale della scuola Vittorio Bachelet a Roma - poi le scuse gli scrutatori per l'inevitabile confusione generata dalla presenza degli operatori televisivi. Lunghe pose a favore dei fotografi per il fatidico inserimento della scheda. Infine qualche selfie e un commento sul voto: «È importante, decide i nostri prossimi cinque anni e credo sia molto importante andare a votare».

Come nelle elezioni del 2022 anche questa volta la leader di Fratelli d'Italia sceglie la cifra dell'ironia per diffondere un messaggio elettorale a poche ore dall'apertura delle urne. Con un video postato su Instagram prima della mezzanotte del 7 giugno, si produce in un siparietto con un fruttivendolo: «Daniè sta zitto, non dire niente che siamo in campagna elettorale». Poi si vede la stessa Meloni che mangia delle ciliegie disposte su un banco vicino a dei meloni. La premier dice: «Buonissime, che varietà è?». Il fruttivendolo volta un cartellino sul quale è scritto: «Varietà Giorgia». Così la presidente del Consiglio si gira a favore di camera e sorride ammiccando. Nel 2022 aveva pubblicato un video su TikTok abbracciando due meloni e dicendo: «Non vi dico nulla».

Se Giorgia Meloni vota a Roma, Matteo Salvini si reca al seggio milanese di via Martinetti. Il leader della Lega, fuori dal seggio, invoca «con forza un voto contro la guerra, per fermare la guerra e isolare bombaroli come Macron. Gli italiani possono fermare i venti di guerra». E poi provoca: «L'ho messa bella forte la decima sulla scheda».

Molta curiosità anche per il generale Roberto Vannacci, candidato con la Lega, che vota nel seggio della scuola Lambruschini a Viareggio (Lucca). All'uscita risponde ai cronisti dicendo: «Mi aspetto target molto ambiziosi, poi vedremo. Siamo sulla rampa, pronti al lancio. Qualora ci fosse luce verde ci lanciamo». Vannacci racconta che «le uniche volte» che non ha votato è stato quando «non era possibile perché ero in missione o da qualche parte dove non era consentito poter usufruire del diritto di voto». «Mi auguro - conclude - che tutti cittadini facciano il proprio dovere, c'è anche il tempo che ci aiuta, non è troppo bello». Antonio Tajani invece esprime la propria preferenza a Fiuggi, presso l'Istituto Comprensivo Fiuggi-Acuto-Primaria di Fiuggi Valmadonna.

I tre leader si presentano al voto con obiettivi chiari: mantenere o migliorare il risultato ottenuto alle ultime Politiche. La Lega, in particolare, forte dell'effetto Vannacci, punta a tornare a sfondare la soglia del 10%. Fratelli d'Italia, invece, vorrebbe attestarsi sul 26%, senza pagare scotto alla navigazione governativa, logicamente più complessa rispetto all'esercizio di un ruolo di opposizione. Ugualmente ambiziosa l'asticella per Forza Italia, fissata al 10% fin dallo scorso ottobre quando a Paestum si celebrò il Berlusconi Day.

È chiaro che i partiti per dare sostanza alle loro speranze dovranno fare i conti con il «generale astensione». Un fattore che, a quanto si dice, potrebbe incidere soprattutto sulle forze che hanno nel Meridione il proprio granaio di voti.

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