Professor Ricolfi, lei stima un numero di contagi e morti molto più alto di quello ufficiale. In che modo desume questi numeri?
«L'evidenza che suggerisce che i numeri non sono quelli ufficiali è frammentaria, ma molto convincente perché tutti gli indizi convergono nel farci ritenere che il numero di morti potrebbe essere il triplo dei morti rilevati dalla Protezione Civile, e che la mortalità al Sud potrebbe essere anche 10 volte quella ufficiale (per i dettagli si può consultare il sito della Fondazione Hume: www.fondazionehume.it).
Quindi il governo sta clamorosamente sottostimando l'epidemia?
«Non credo che le autorità sottostimino la diffusione, semplicemente non vogliono che anche noi sappiamo quel che loro sanno perfettamente».
Ma la segregazione in casa, addirittura per due mesi con danni economici devastanti, almeno serve?
«Sì e no. Sì, perché, dopo il duplice lockdown del 5 e del 9 marzo (chiusura scuole + chiusura totale), il numero giornaliero di nuovi contagiati ha quasi immediatamente smesso di crescere, (almeno secondo la ricostruzione della Fondazione Hume, basata sulla dinamica recente delle morti e delle ospedalizzazioni). Ma attenzione: meno nuovi contagi quotidiani non significa che si è fermato il contagio, ma solo che il numero di nuovi infetti cresce a un ritmo via via più lento. Giusto per darle un'idea: se fino all'annuncio della chiusura delle scuole avevamo 100 mila nuovi contagiati al giorno, dopo 10 giorni di arresti domiciliari (ultima settimana di marzo) si può stimare che i nuovi contagiati fossero scesi a solo 60 mila al giorno.
Insomma il governo ci sta tenendo a casa perché sostanzialmente è l'unica cosa che sa fare per rallentare il contagio?
«Il governo fa bene a mantenere il lockdown perché un mese non può bastare, e finché non si arriva vicini a contagi-zero è estremamente imprudente riaprire. Al tempo stesso, però, non si può non rilevare che la curva di discesa è estremamente lenta, e questo è precisa responsabilità del governo, che non solo si è preso l'enorme responsabilità di ritardare di 2 settimane il lockdown totale (è dal 25 febbraio che c'erano gli elementi per capire che bisognava fermare tutto), ma non ha ancora fatto T-M-T, ossia le tre cose che avrebbero potuto abbreviare il percorso di uscita.
T-m-t sta per?
«T come tamponi di massa, M come mascherine per tutti, T come tracciamento dei casi positivi e dei loro contatti. I paesi che hanno riportato vittorie significative nella lotta al virus (Cina, Corea del Sud, Singapore), hanno avuto successo perché hanno fatto queste cose. E in Europa tutto lascia pensare che il tributo di morti di ogni paese dipenderà più da T-M-T che dalla durata del fermo delle attività produttive. La Germania è in vantaggio su molti altri paesi europei, e potrebbe alla fine uscirne meno peggio proprio perché non punta tutte le sue carte sul lockdown».
Conte a fine gennaio diceva che il governo era "prontissimo», possibile che non avesse idea del pericolo che correva l'Italia?
«Sì, è possibile.
L'emergenza fu dichiarata non perché si era capito che saremmo arrivati al lockdown, ma semplicemente perché era un'occasione formidabile per assumere i pieni poteri (non metaforicamente, come l'ingenuo Salvini, ma sul serio)».
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