I paladini della Costituzione? Anche il pm del "caso Esposito"

Il procuratore Colace ha intercettato 500 volte il senatore dem senza permesso. Alla fine aveva torto

I paladini della Costituzione? Anche il pm del "caso Esposito"
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Tra i magistrati in protesta con coccarda sulla toga e Costituzione in mano, qualcuno ha fotografato il pm torinese Gianfranco Colace, lasciando ai social i commenti sull'immagine.

Alla cerimonia d'inaugurazione dell'anno giudiziario in cui, ligi alle direttive dell'Anm, i colleghi hanno voltato le spalle ai rappresentanti del ministro della Giustizia Carlo Nordio, anche lui ha fatto la sua parte contro la separazione delle carriere. D'altronde, il cartello delle correnti di sinistra Area cui il pm appartiene è stato tra i più decisi nel pretendere forme accese di contestazione, a incominciare dallo sciopero del 27 febbraio.

Tutto regolare, se non fosse che questo pm Colace che brandisce la Carta per difenderla dalla riforma della giustizia, secondo la Corte costituzionale ha fatto strame dei suoi principi.

È infatti lo stesso che ha intercettato dal 2015 al 2018 e per 500 volte il senatore dem Stefano Esposito senza autorizzazione del parlamento, come previsto appunto dalla Costituzione. Quando è stato sollevato il conflitto d'attribuzione, la Consulta ha severamente censurato il comportamento di Colace e della collega gup Giulia Minutella che lo ha autorizzato senza fare alcuna osservazione e ha dichiarato le intercettazioni nei confronti di Esposito inutilizzabili perché realizzate in violazione della legge.

Per 7 anni il pm ha indagato l'esponente del Pd nell'ambito nell'indagine «Bigliettopoli», con l'accusa di aver messo a disposizione la sua funzione di senatore in cambio di utilità da parte di Giulio Muttoni, noto imprenditore dello spettacolo. Alla fine, il teorema è crollato, c'è stata l'archiviazione e i due magistrati sono finiti sotto procedimento disciplinare al Csm, su input dell'ex magistrato Pietro Grasso che ha spinto il Senato a segnalare i due ai titolari dell'azione disciplinare, facendo sì che la procura generale della Cassazione investisse del caso l'organo di autogoverno della magistratura.

Ma non è il solo «incidente» che caratterizza la figura di Colace, nella sua storia c'è una lunga serie di flop. Sempre lui ha firmato l'inchiesta per lo smog a Torino contro l'ex governatore del Piemonte Sergio Chiamparino, gli ex sindaci Chiara Appendino e Piero Fassino e gli assessori competenti tra il 2015 e il 2019. Tutti accusati di inquinamento ambientale colposo per non aver adottato misure adeguate per ridurre il livello di sostanze nocive nell'aria, tutti prosciolti senza neanche arrivare a processo. È stato prosciolto anche l'ex assessore Enzo Lavolta, accusato per 7 anni da Colace di corruzione elettorale.

Finita nel nulla pure l'inchiesta per presunte irregolarità nella gestione del Salone del libro, contro Fassino e l'ex assessore Antonella Parigi. Non basta. Colace ha accusato di falso elettorale Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera, che ha ottenuto una piena assoluzione. Insomma, quel che si dice un paladino della Costituzione.

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