La vita dei manifestanti? O la testa del regime? Che la posta in gioco in Iran si sia fatta altissima, che le proteste siano l'embrione di una rivoluzione contro il regime di Teheran, lo prova non solo il pugno di ferro esibito dalla Repubblica islamica, che ha giustiziato il primo manifestante. Lo confermano indirettamente anche le indiscrezioni di fonti diplomatiche occidentali arrivate all'orecchio di Iran International, network di informazione indipendente con sede a Londra. «La Repubblica islamica ha avviato negoziati con i suoi alleati venezuelani per assicurarsi che offrano asilo ai funzionari del regime e alle loro famiglie se la situazione dovesse peggiorare e aumentasse la possibilità di un cambio di regime», hanno riferito le gole profonde occidentali.
La fuga verso Caracas sarebbe già in piena organizzazione, se le cose dovessero mettersi male, per trovare un paradiso sicuro in un Paese amico, quel Venezuela di Nicolás Maduro, campione anch'esso di repressione. «Una delegazione di quattro alti funzionari della Repubblica islamica ha visitato il Venezuela a metà ottobre, per negoziare la garanzia che Caracas conceda asilo a rappresentanti pubblici di alto rango e alle loro famiglie». Un'eventualità che i funzionari di Teheran chiamano «lo sfortunato incidente», ma che non escludono più, di fronte alle proteste incessanti in Iran. Secondo il britannico Daily Express, già a ottobre, dopo la morte di Mahsa Amini che ha scatenato la rabbia popolare, alti funzionari della Repubblica islamica hanno tentato di ottenere passaporti britannici per le loro famiglie, in modo da poter lasciare in fretta l'Iran, se necessario. Una fonte iraniana ha riferito che i funzionari hanno noleggiato fino a «cinque voli charter al giorno» per le loro famiglie e hanno trasformato alcune sezioni del «principale aeroporto di Teheran» in aree preferenziali per velocizzare l'espatrio.
A inizio novembre, ha raccontato un'altra fonte al giornale on-line di opposizione Kayhan London, tre voli al giorno sono decollati con «una quantità considerevole di merci» dirette in Venezuela. «Non sappiamo cosa stiano trasferendo queste persone e se stiano lasciando il Paese con tutti i bagagli o no. Le targhe delle loro auto non appartenevano a nessuna ambasciata. Sappiamo solo che nelle scorse settimane, ogni giorno ci sono stati tre o quattro voli per il Venezuela», ha riferito un testimone dell'Aeroporto Internazionale di Teheran-Imam Khomeini.
E se è vero che non c'è miglior metodo per capire come vanno le cose che non sia il «follow the money» - segui dove vanno i soldi - diversi attivisti anti-regime denunciano sui social «regolari trasferimenti di denaro all'estero da parte di alti funzionari del regime». La moglie dell'ex ministro degli Esteri Javad Zarif avrebbe trasferito 4 milioni su un conto della Abc Bank a Shanghai. Non solo.
A Teheran, sospetta qualcuno, anche la vendita di case lussuose a prezzi ben al di sotto del valore di mercato, potrebbe essere un segnale della paura del regime e della speranza dei manifestanti: che sia arrivata l'ora della contro-rivoluzione alla Rivoluzione islamica del 1979.
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