I putiniani d'Italia più sgangherati che pericolosi. Quell'Armata Brancaleone che allarma il Copasir

Dallo show di Giletti a Orsini, gli "infiltrati" fanno di tutto per essere scoperti

I putiniani d'Italia più sgangherati che pericolosi. Quell'Armata Brancaleone che allarma il Copasir

Tra svenimenti e risse in tv l'armata rossa dei putiniani d'Italia più che preoccupare fa ridere. Il Copasir e i servizi segreti si sono attivati per monitorare le attività di questa pattuglia di opinionisti, professori e influencer (a vario titolo) e scoprire i loro legami segreti con la Madre Russia, ma nel più dei casi basta un telecomando per seguirne i movimenti alla luce del sole, anzi di telecamera. Il teatrino messo in piedi da Non è l'Arena ha poco da nascondere oltre a quel che si vede. Un perfetto cast per arrivare allo scontro in diretta, solleticando il vasto settore dell'opinione pubblica che crede a tutte le teorie purché siano considerate opposte a «quello che vogliono farvi credere». In questo caso appunto il filo-putinismo secondo cui la versione occidentale del conflitto, con la Russia aggressore e l'Ucraina vittima, è tutta una mistificazione orchestrata dalla Cia e dalla finanza internazionale per nascondere le colpe della Nato, degli Usa e dell'Europa. Come prima il pensiero no-vax e tutta la schiera di medici controcorrente non asserviti a Big Pharma, anche il pensiero filo-russo più che un'attività di intelligenza con il nemico è un fortunato filone del grande circo dei talk show. Giletti ha provato a sfruttarlo organizzando una tragica diretta da Mosca, con mancamento incorporato, utilizzando due alfieri della propaganda di Mosca. Magari lo show sarà anche stato apprezzato all'ambasciata russa in Italia, ma pensare che la trasmissione di Giletti sia parte di un piano segreto per influenzare l'opinione pubblica italiana è fare un torto all'intelligence di Mosca. Non servono grandi indagini dei nostri 007, l'armata Brancaleone dei putiniani d'Italia fa di tutto per essere scoperta. Non per nulla è alimentata da ex tribuni televisivi come Santoro, che conoscono la pancia dell'italiano medio, e hanno intuito quanto fertile possa essere questo filone, che poi non è altro che una nuova incarnazione del vecchio sentimento anti-occidentale e anti-americano. Lo sa bene il professore Alessandro Orsini, tra i primi scopritori del filone d'oro, passato rapidamente dalle aule universitarie ai salotti tv come ospite star, strappato alla concorrenza a suon di ricchi contratti. Altri «pericolosi» infiltrati da Mosca, secondo le liste del Copasir, hanno avuto meno fortuna, come Alberto Fazolo. Anche lui comunque presente in tv, dichiaratamente comunista si definisce «militante internazionalista», scrive per una casa editrice che si chiama Red Star (stella rossa), ed è convinto che l'Ucraina sia un covo di nazisti e fascisti, senza bisogno che qualcuno lo paghi in rubli per pensarlo.

Difficile anche guardare Vito Petrocelli, detto «Petrov», come una spia russa. L'ex grillino è riuscito a farsi cacciare persino dal Movimento Cinque Stelle di Giuseppe Conte, che pure è di bocca buona quanto a parlamentari. Malauguratamente messo a presiedere la commissione Esteri del Senato, Petrov-Petrocelli è stato così astuto da scrivere un tweet con una Z maiuscola (simbolo delle armate russe in Ucraina) in bella vista, dando a Conte l'assist per farlo fuori. E poi farsi defenestrare anche dalla commissione del Senato. Una strategia furtiva degna di un agente del Kgb, non vi è dubbio.

Ma altre schiere di pensatori e opinionisti sono pronti ad

arruolarsi nella legione russa, in cambio di uno straccio di invito in tv. Se la propaganda di Mosca si affida a questa rete per cambiare le sorti del conflitto, significa davvero che al Cremlino la situazione non è buona.

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