Un altro giro a vuoto: Mattarella e Crosetto i più votati dall'aula. E si affaccia Casini come nome forte

I segnali del Parlamento: prevale la volontà di portare a termine la legislatura. L'ex presidente della Camera visto come scelta di stabilità e come rivincita della politica sui tecnici. Prima chiama alle 11, quorum a 505 voti

Un altro giro a vuoto: Mattarella e Crosetto i più votati dall'aula. E si affaccia Casini come nome forte

E alla fine rispunta lui, l'usato sicuro, il presidente rasserenante, stabilizzante ma ormai traslocante: al terzo scrutinio i 125 voti per Sergio Mattarella sono molto di più di un segnale politico o di un appello alla continuità. Del resto, chi non comprerebbe un'auto di seconda mano dal capo dello Stato? Forse Giorgia Meloni, che vira dalla linea del centrodestra e manda in pista Guido Crosetto, autore peraltro di un'ottima prova: 114 schede, più del doppio dei delegati di Fdi. L'exploit di Crosetto stuzzica chi vuole provare a forzare la mano con Elisabetta Casellati. Un Mattarella bis invece sarebbe la soluzione perfetta per Pd, M5s, forse anche per Lega e Draghi. Piacerebbe a Bruxelles e a Washington, garantirebbe la tenuta del governo e la pace sui mercati. C'è un piccolo problema, la sua indisponibilità. E ce n'è un altro, prima bisognerebbe sgombrare il campo dagli altri pretendenti, al momento meglio piazzati. Pier Ferdinando Casini, che nonostante il basso profilo prende 52 preferenze ed è al centro di tutte le chiacchiere, e Mario Draghi, che passa queste ore «in silenzio», al lavoro sui dossier e in attesa del faccia a faccia notturno tra Salvini e Letta.

Sono questi, in sintesi, i messaggi spediti dai 1.009 grandi elettori e infilati nelle insalatiere. Quello che salta subito agli occhi è come una buona metà di loro non segua gli ordini di partito, non rispetti la strategia concordata: infatti le schede bianche alla conta sono solo 412. E se la Meloni spiega che Crosetto è stato proposto «per smuovere le acque» e non per dividere la coalizione, gran parte delle preferenze per Mattarella vengono dai grillini: sì, proprio loro, quelli che con Di Maio nel 2018 ne chiedevano l'impeachment. Quanto a Casini, «è uno di noi, non scioglierà le Camere prima della scadenza». Altri segnali. Paolo Maddalena, il giurista ex Cinque stelle, arriva a 52 voti, Giancarlo Giorgetti a venti. E resta in gioco pure Marta Cartabia, sostenuta da Bonino e Calenda.

E mentre i peones sfogano nelle urne timori e malumori, mentre affiora il nome di Sabino Cassese, fuori i leader si affannano in una trattativa frenetica. Un vertice dietro l'altro, contatti, messaggi, dichiarazioni, minacce, blandizie. Enrico Letta è «in contatto costante» con i capi di tutte le forze politiche, affiancato e corroborato, strano a dirsi ma è così, da Matteo Renzi. Giuseppe Conte invece, tra rancori verso Draghi e ritorni di fiamma gialloverdi, ondeggia un po' e a un certo punto deve intervenire Grillo per fargli cambiare linea. Il Pd lavora per convincere Salvini a non lanciare oggi, al quarto scrutinio, un candidato di centrodestra, perché senza un'intesa potrebbe saltare la maggioranza: e con il passare delle ore, soprattutto dopo il no di Renzi e i dubbi grillini, l'ipotesi Casellati perde via via consistenza.

Sfiorite le rose, tutti gli occhi adesso sono sull'incontro tra il segretario del Pd e il leader del Carroccio. Doveva essere un conclave, poi un vertice ristretto, adesso si parla di un colloquio riservato con il favore delle tenebre. La notte è lunga e malandrina, però il tempo per un accordo stringe: oggi alle 11 quarto scrutinio, il primo per il quale sarà sufficiente la maggioranza assoluta di 505 voti e non quella dei due terzi dell'assemblea. Cioè, basta con le bandiere e i cantanti, adesso si fa sul serio. Ciò non significa per certo che nel pomeriggio avremo il tredicesimo presidente della Repubblica. Anzi. «Siamo nella fase di studio e dialogo - spiega Giovanni Toti - diciamo che siamo ai primi minuti del primo tempo della partita e i giocatori si stanno scaldando le gambe». Qualcuno vuole accelerare i riti della scelta per il Quirinale, ma la Camera non cambia il programma: si voterà soltanto una volta al giorno.

Tante le domande. Letta e Salvini troveranno un'intesa o romperanno? E se romperanno, esploderà davvero la maggioranza? Il governo reggerà all'urto? Magari serviranno altre ore, forse altri giorni, per perfezionare il negoziato, o potremmo assistere a una prova di forza speculare, Casellati contro un esponente del centrosinistra, un braccio di ferro senza vincitori che aprirebbe la strada al vero derby: Casini contro Draghi, il candidato della rivincita della politica contro il super tecnico che sta portando in Italia i miliardi del Pnrr. «Sono le soluzioni migliori», commenta Renzi, anche se opposte.

Altrimenti, c'è sempre Mattarella.

«Io penso che sia espressione di un consenso trasversale e non solo nostro - dice Mariolina Castellone, capogruppo M5s al Senato - che testimonia l'apprezzamento dell'intero Parlamento per il lavoro che ha svolto». La bellezza di 125 voti per uno che non ne vuole sapere, solo per dire grazie? No, «si vuole la stabilità e la chiusura in tempi rapidi».

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