I soccorsi al limite: "Il tempo sta finendo". Le file dei cadaveri. Dispersi sei italiani

Le bare verde smeraldo sono in fila, in attesa che qualcuno le benedica frettolosamente

I soccorsi al limite: "Il tempo sta finendo". Le file dei cadaveri. Dispersi sei italiani

Le bare verde smeraldo sono in fila, in attesa che qualcuno le benedica frettolosamente. Ci sono troppi morti per gli imam, per gli addetti del cimitero di Yesilkent, per lo spazio di sepoltura disponibile alla periferia di Gaziantep, la città epicentro del sisma che ha cancellato dalle mappe questo pezzo di Turchia stretta tra il Mediterraneo e le montagne. La morte è una faccenda di contabilità, una pratica da sbrigare il più presto possibile, quasi una perdita di tempo. La vita, là vicino, di tempo invece ne vorrebbe altro, ma la clessidra della speranza ha pochi granelli di sabbia ancora nella sua parte superiore. I soccorritori cercano febbrili, ascoltano i gemiti che arrivano ogni tanto da sotto le macerie dei palazzi venuti giù come fossero dei giocattoli, si aggirano con i cani dall'udito efficientissimo. Qualche volta sono costretti a fare delle scelte, come da noi i medici dei reparti Covid quando i respiratori non bastavano per tutti. «Le richieste di aiuto tantissime: siamo costretti a scegliere chi salvare sulla base di dati oggettivi», racconta Samuele Pacchi, infermiere toscano arrivato dall'Italia per dare una mano nella città di Hatay. «Sono scene disperate - spiega -. Le persone si inginocchiano, piangono e ci implorano di intervenire». Sono migliaia le persone sotto le macerie, corpi senza nome, nomi senza corpo. Tra i dispersi, fa sapere in serata il ministro degli Esteri Antonio Tajani, anche sei italiani di origine siriana che vivono a Antiochia.

Ogni tanto la ricerca porta a un sorriso: a Nurdagi, vicino a Gaziantep, un dodicenne viene tirato fuori vivo davanti alle telecamere delle troupe dopo un corpo a corpo di due ore con la disperazione. Si chiama Khadir e deve la sua salvezza alla sua fibra e al corpo della mamma che lo ha protetto e ha consentito ai soccorritori di aprire un varco per tirarlo fuori dopo 62 ore. Ma sotto quel palazzo sono a decine, probabilmente, senza voce o senza vita. Poche ore prima, a Kahramanmaras, era toccato a una bimba di diciotto mesi, Masal, essere estratta viva dopo più di 56 ore assieme alla mamma, che ha continuato ad allattarla al seno per tutto il tempo. E un'altra bimba di otto anni è stata tratta in salvo dopo 40 ore a Salqin, sana e terrorizzata. E Yigit, anche lui otto anni, pesca il biglietto fortunato della lotteria del destino a Hayat. Lo stesso accade a un'intera famiglia, mamma, papà e figlia, a Sisnia, un villaggio siriano. Ad Antiochia sono i vigili del fuoco italiani a salvare due ragazzi.

Episodi che commuovono, ma che restano episodi, appunto. E che ora dopo ora, minuto dopo minuto, sono sempre più improbabili. Anche perché chi non è morto schiacciato o soffocato, sarà stato nel frattempo ucciso dal freddo cattivo e maledetto che attanaglia quelle terre di solito miti. E non a caso il conteggio delle vittime del sisma continua a crescere, inesorabili. L'ultimo bilancio è del pomeriggio di ieri e parla di 11.700 croci, 9.057 delle quali in Turchia e 2.662 in Siria. Incalcolabile il numero degli sfollati, 300mila nella sola Siria, molti di più in Turchia. Non c'è nessuno che viva in pace tra i dieci milioni che abitano le dieci province turche colpite dal terremoto. Nessuno che sia tranquillo, che non veda il proprio futuro come un luogo oscuro e pericoloso. A Kahramanmaras lo stadio è stato trasformato in una enorme tendopoli per accogliere gli sfollati.

Gli aiuti economici arrivano da tutto il mondo, serviranno decine di miliardi.

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro svedese, Ulf Kristersson, hanno annunciato ieri una Conferenza dei donatori che si terrà a marzo a Bruxelles, in coordinamento con le autorità turche, per mobilitare i fondi della comunità internazionale. «Ora stiamo correndo contro il tempo per salvare vite umane insieme. Presto forniremo aiuti, insieme. La Turchia e la Siria possono contare sull'Ue», la garanzia di von der Leyen.

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